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detto Giorgio; e nella chiesa di Santo Agostino del monte San Savino, fece un altro ornamento intagliato, per una tavola grande che fece il detto Giorgio; in Ravenna nella badia di Classi de’ monaci di Camaldoli fece il medesimo Giuliano, pure a un’altra tavola di mano del Vasari, un altro bell’ornamento. Et ai monaci della Badia di Santa Fiore in Arezzo fece nel refettorio il fornimento delle pitture che vi sono di mano di detto Giorgio aretino. Nel Vescovado della medesima città, dietro all’altare maggiore, fece un coro di noce bellissimo, col disegno del detto, dove si aveva a tirare inanzi l’altare, e finalmente poco anzi che si morisse fece sopra l’altare maggiore della Nunziata il bello e richissimo ciborio del Santissimo Sagramento, e li due Angeli di legno, di tondo rilievo, che lo mettono in mezzo. E questa fu l’ultima opera che facesse, essendo andato a miglior vita l’anno 1555. Né fu di minor giudizzio Domenico, fratello di detto Giuliano, perché, oltre che intagliava molto meglio di legname, fu anco molto ingegnoso nelle cose d’architettura, come si vede nella casa che fece fare col disegno di costui Bastiano da Montaguto nella via de’ Servi, dove sono anco di legname molte cose di propria mano di Domenico; il quale fece per Agostino del Nero in sulla piazza de’ Mozzi le cantonate, et un bellissimo terrazzo a quelle case de’ Nasi già cominciate da Baccio suo padre. E se costui non fusse morto così presto, avrebbe, si crede, di gran lunga avanzato suo padre e Giuliano suo fratello.