Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/315

i quali furono nipoti di Diocliziano imperatore, gl’altri tre sono Proto, Grisogono et Anastasio, martirizzati ad Aquas Gradatas, appresso ad Aquileia. E sono tutte queste figure miniate e bellissime, per essere valuto in questa professione Girolamo sopra tutti gl’altri dell’età sua in Lombardia e nello stato di Vinezia. Miniò Girolamo molti libri ai monaci di Montescaglioso nel regno di Napoli, alcuni a Santa Giustina di Padoa, e molti altri alla Badia di Praia sul padoano, et alcuni ancora a Candiana, monasterio molto ricco de’ Canonici Regolari di San Salvatore; nel qual luogo andò in persona a lavorare, il che non volle mai fare in altro luogo, e stando quivi imparò allora i primi principii di miniare don Giulio Clovio, che era frate in quel luogo, il quale è poi riuscito il maggiore in questa arte che oggidì viva in Italia. Miniò Girolamo a Candiana una carta d’un Chirie, che è cosa rarissima; et ai medesimi la prima carta d’un salterio da coro; et in Verona molte cose per Santa Maria in Organo et ai frati di S. Giorgio. Medesimamente ai monaci negri di San Nazario, fece in Verona alcun’altri minii bellissimi. Ma quella che avanzò tutte l’altre opere di costui, che furono divine, fu una carta dove è fatto di minio il Paradiso terrestre con Adamo et Eva, cacciati dall’Angelo che è loro dietro con la spada in mano. Né si potria dire quanto sia grande e bella la varietà degl’alberi che sono in quest’opera, i frutti, i fiori, gl’animali, gl’uccelli e l’altre cose tutte. La quale stupenda opera fece fare don Giorgio Cacciamale bergamasco, allora priore in San Giorgio di Verona, il quale, oltre a molte altre cortesie che usò a Girolamo, gli donò sessanta scudi d’oro. Quest’opera dal detto padre fu poi donata in Roma a un cardinale, allora protettore di quella Relligione, il quale mostrandola in Roma a molti signori, fu tenuta la migliore opera di minio che mai fusse insin allora stata veduta. Facea Girolamo i fiori con tanta diligenza, e così veri, belli e naturali, che parevano ai riguardanti veri. E contrafaceva camei piccoli et altre pietre e gioie intagliate di maniera che non si poteva veder cosa più simile, né più minuta. E fra le figurine sue se ne veggiono alcune, come in camei et altre pietre finte, che non sono più grandi che una piccola formica, e si vede nondimeno in loro tutte le membra e tutti i muscoli tanto bene, che a pena si può credere da chi non gli vede. Diceva Girolamo, nell’ultima sua vecchiezza, che allora sapea più che mai avesse saputo in quest’arte e dove aveano ad andare tutte le botte, ma che poi nel maneggiar il pennello gl’andavano a contrario, perché non lo serviva più né l’occhio, né la mano. Morì Girolamo l’anno 1555 a due dì di luglio d’età d’anni ottantatré e fu sepolto in San Nazario nelle sepolture della Compagnia di San Biagio. Fu costui persona molto da bene, né mai ebbe lite né travaglio con persona alcuna, e fu di vita molto innocente. Ebbe fra gl’altri un figliuolo chiamato Francesco, il quale imparò l’arte da lui e fece, essendo anco giovinetto, miracoli nel miniare, in tanto che Girolamo affermava di quell’età non aver saputo tanto quanto il figliuolo sapeva. Ma gli fu costui sviato da un fratello della madre il quale, essendo assai ricco e non avendo figliuoli, se lo tirò appresso, facendolo attendere in Vicenza alla cura d’una fornace di vetri che facea fare. Nel che, avendo speso Francesco i migliori anni, morta la moglie del zio, cascò da ogni speranza e si trovò aver perso il tempo, perché presa