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Francia dal Mondella veronese, e molte ne furono date da Agnolo suo figliuolo a Messer Girolamo Lioni in Vinezia, gentiluomo di bellissimo spirito. Ma venendo oggimai a Giovanmaria, fratello di costui, egli imparò i principii della pittura dal padre e gli aggrandì e migliorò assai, ancor che non fusse anch’egli pittore di molta reputazione, come si vede nel Duomo di Verona, alle capelle de’ Maffei e degl’Emili; et in San Nazzaro, nella parte superiore della cupola et in altri luoghi. Avendo dunque conosciuta costui la poca perfezzione del suo lavorare nella pittura, e dilettandosi sopra modo dell’architettura, si diede a osservare e ritrarre con molta diligenza tutte l’antichità di Verona sua patria. Risoltosi poi di voler vedere Roma, e da quelle maravigliose reliquie, che sono il vero maestro, imparare l’architettura, là se n’andò, e vi stette dodici anni interi: il qual tempo spese, per la maggior parte, in vedere e disegnare tutte quelle mirabili antichità, cavando in ogni luogo tanto che potesse vedere le piante e ritrovare tutte le misure. Né lasciò cosa in Roma, o di fabrica o di membra, come sono cornici, colonne e capitegli di qual si voglia ordine, che tutto non disegnasse di sua mano con tutte le misure. Ritrasse anco tutte le sculture che furono scoperte in que’ tempi. Di maniera che dopo detti dodici anni, ritornò alla patria richissimo di tutti i tesori di quest’arte. E non contento delle cose della città propria di Roma, ritrasse quanto era di bello e buono in tutta la campagna di Roma infino nel regno di Napoli, nel ducato di Spoleto et in altri luoghi. E perché essendo povero non aveva Giovanmaria molto il modo da vivere, né da trattenersi in Roma, dicono che due o tre giorni della settimana aiutava a qualcuno lavorare di pittura; e di quel guadagno, essendo allora i maestri ben pagati, e buon vivere, vivea gl’altri giorni della settimana, attendendo ai suoi studii d’architettura. Ritrasse dunque tutte le dette anticaglie come fussero intere, e le rappresentò in disegno, dalle parti e dalle membra, cavando la verità e l’integrità di tutto il resto del corpo di quelli edifizii con sì fatte misure e proporzioni che non potette errare in parte alcuna. Ritornato dunque Giovanmaria a Verona e non avendo occasione di esercitare l’architettura, essendo la patria in travaglio per mutazione di stato, attese per allora alla pittura e fece molte opere. Sopra la casa di que’ della Torre lavorò un’arme grande con certi trofei sopra, e per certi signori tedeschi, consiglieri di Massimiliano imperatore, lavorò a fresco in una facciata della chiesa piccola di San Giorgio alcune cose della Scrittura, e vi ritrasse que’ due signori tedeschi grandi quanto il naturale, uno da una, l’altro dall’altra parte ginocchioni. Lavorò a Mantoa al signor Luigi Gonzaga cose assai, et a Osmo nella marca d’Ancona alcun’altre. E mentre che la città di Verona fu dell’imperatore, dipinse sopra tutti gl’edifizii publici l’armi imperiali et ebbe perciò buona provisione et un privilegio dall’imperatore, nel quale si vede che gli concesse molte grazie et essenzioni, sì per lo suo ben servire nelle cose dell’arte e sì perché era uomo di molto cuore, terribile e bravo con l’arme in mano; nel che poteva anco aspettarsi da lui valorosa e fedel servitù, e massimamente tirandosi dietro, per lo gran credito che aveva appresso i vicini, il concorso di tutto il popolo che abitava il borgo di San Zeno, che è parte della città molto popolosa e nella quale era nato e vi aveva preso moglie, nella famiglia de’ Provali. Per queste