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del detto fra’ Girolamo. La testa del San Giuseppo è il ritratto d’un agente de’ marchesi Malespini, che allora aveva carico dalla Compagnia della Croce di far fare quell’opera, e tutte sono bellissime teste. Nella medesima chiesa fece Paulo la tavola della capella di San Francesco, nella quale, che fu l’ultima che facesse, superò se medesimo. Sono in questa sei figure maggiori che il naturale. Santa Lisabetta del terzo Ordine di San Francesco, che è bellissima figura, con aria ridente e volto grazioso, e con il grembo pieno di rose, e pare che gioisca veggendo, per miracolo di Dio, che il pane che ella stessa, gran signora, portava ai poveri, fusse convertito in rose: in segno che molto era accetta a Dio quella sua umile carità di ministrare ai poveri con le proprie mani. In questa figura è il ritratto d’una gentildonna vedova della famiglia de’ Sacchi. L’altre figure sono San Bonaventura cardinale e San Lodovico vescovo, e l’uno e l’altro frate di San Francesco. Appresso a questi è San Lodovico re di Francia, Santo Eleazaro in abito bigio, e Santo Ivone in abito sacerdotale. La Madonna poi, che è di sopra in una nuvola con San Francesco et altre figure d’intorno, dicono non esser di mano di Paulo, ma d’un suo amico che gl’aiutò lavorare questa tavola; e ben si vede che le dette figure non sono di quella bontà che sono quelle da basso. Et in questa tavola è ritratta di naturale madonna Caterina de’ Sacchi, che fece fare quest’opera. Paulo dunque, essendosi messo in animo di farsi grande e famoso, e perciò facendo fatiche intolerabili, infermò e si morì giovane di 31 anno, quando a punto cominciava a dar saggio di quello che si sperava da lui nell’età migliore. E certo, se la fortuna non si attraversava al virtuoso operare di Paulo, sarebbe senza dubbio arivato a quegl’onori supremi che migliori e maggiori si possono nella pittura disiderare. Per che dolse la perdita di lui non pure agl’amici, ma a tutti i virtuosi e chiunche lo conobbe, e tanto più essendo stato giovane d’ottimi costumi e senza macchia d’alcun vizio. Fu sepolto in San Polo, rimanendo imortale nelle bellissime opere che lasciò.


VITA DI FALCONETTO, ARCHITETTO VERONESE

Stefano Veronese, pittore rarissimo de’ suoi tempi, come si è detto, ebbe un fratello carnale chiamato Giovan Antonio il quale se bene imparò a dipignere dal detto Stefano, non però riuscì se non meno che mezzano dipintore, come si vede nelle sue opere, delle quali non accade far menzione. Di costui nacque un figliuolo che similmente fu dipintore di cose dozzinali, chiamato Iacopo, e di Iacopo nacquero Giovanmaria detto Falconetto, del quale scriviamo la vita, e Giovan Antonio. Questo ultimo attendendo alla pittura, dipinse molte cose in Roveretto, castello molto onorato nel Trentino, e molti quadri in Verona che sono per le case de’ privati. Similmente dipinse nella valle dell’Adice sopra Verona molte cose, et in Sacco, riscontro a Roveretto, in una tavola San Niccolò con molti animali, e molte altre, dopo le quali finalmente si morì a Roveretto dove era andato ad abitare. Costui fece sopra tutto begli animali e frutti, de’ quali molte carte miniate, e molto belle, furono portate in