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opera al disegno. Per che, andato a Mantoa a trovare il Mantegna, che allora in quella città lavorava, si affaticò di maniera, spinto dalla fama del suo precettore, che non passò molto che Francesco Secondo marchese di Mantoa, dilettandosi oltre modo della pittura, lo tirò appresso di sé, gli diede l’anno 1487 una casa per suo abitare in Mantoa, et assegnò provisione onorata. Dei quali benefizii non fu Francesco ingrato, perché servì sempre quel signore con somma fedeltà et amorevolezza, onde fu più l’un giorno che l’altro amato da lui e beneficato; in tanto che non sapeva uscir della città il Marchese, senza avere Francesco dietro, e fu sentito dire una volta, che Francesco gli era tanto grato quanto lo stato proprio. Dipinse costui molte cose a quel signore nel palazzo di San Sebastiano in Mantoa; e fuori nel castel di Gonzaga, e nel bellissimo palazzo di Marmirolo; et in questo avendo, dopo molte altre infinite pitture, dipinto Francesco l’anno 1499 alcuni trionfi e molti ritratti di gentiluomini della corte, gli donò il Marchese, la vigilia di Natale, nel qual giorno diede fine a quell’opera, una possessione di cento campi sul mantoano, in luogo detto la Marzotta, con casa da signore, giardino, praterie et altri commodi bellissimi. A costui, essendo eccellentissimo nel ritrarre di naturale, fece fare il Marchese molti ritratti di se stesso, de’ figliuoli, e d’altri molti signori di casa Gonzaga, i quali furono mandati in Francia et in Germania a donare a diversi principi; et in Mantoa ne sono ancora molti come è il ritratto di Federigo Barbarossa imperador, del Barbarigo doge di Vinezia, di Francesco Sforza duca di Milano, di Massimiliano duca pur di Milano che morì in Francia, di Massimiliano imperadore, del signor Ercole Gonzaga, che fu poi cardinale, del duca Federigo suo fratello essendo giovinetto, del signor Giovanfrancesco Gonzaga, di Messer Andrea Mantegna pittore, e di molti altri, de’ quali si serbò copia Francesco in carte di chiaro scuro, le quali sono oggi in Mantoa appresso gl’eredi suoi. Nella qual città fece in San Francesco de’ Zoccolanti, sopra il pulpito, San Lodovico e San Bernardino, che tengono in un cerchio grande un nome di Gesù, e nel refettorio di detti frati, è in un quadro di tela grande quanto la facciata da capo il Salvatore in mezzo ai dodici Apostoli in prospettiva, che son bellissimi e fatti con molte considerazioni; infra i quali è Giuda traditore con viso tutto differente dagl’altri, e con attitudine strana; e gl’altri tutti intenti a Gesù, che parla loro, essendo vicino alla sua Passione; dalla parte destra di quest’opera è un San Francesco grande quanto il naturale, che è figura bellissima e che rappresenta nel viso la santimonia stessa, e quella che fu propria di quel santissimo uomo; il quale Santo presenta a Cristo il marchese Francesco, che gli è a’ piedi inginocchioni ritratto di naturale con un saio lungo, secondo l’uso di que’ tempi, faldato e crespo, e con ricami a croci bianche, essendo forse egli allora capitano de’ viniziani. Avanti al marchese detto è ritratto il suo primogenito, che fu poi il duca Federigo allora fanciullo bellissimo con le mani giunte; dall’altra parte è dipinto un S. Bernardino simile in bontà alla figura di S. Francesco, il quale similmente presenta a Cristo il cardinale Sigismondo Gonzaga, fratello di detto Marchese, in abito di cardinale, e ritratto anch’egli dal naturale, col rocchetto, e posto ginocchioni; et innanzi a detto cardinale, che è bellissima figura, è ritratta la signora Leonora, figlia del detto Marchese allora giovinetta, che fu poi Duchessa d’Urbino, la quale opera