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A che rispondendo Giovanfrancesco disse: "Padre, fatemi prima grazia d’inginocchiarvi e rizzarvi, et io poi vi dirà per quale cagione ho così dipinto Cristo". Il guardiano, dopo molti preghi inginocchiandosi, mise prima in terra il ginocchio destro e poi il sinistro, e nel rizzarsi alzò prima il sinistro e poi il destro. Il che fatto disse Giovanfrancesco: "Avete voi visto, padre guardiano, che non vi siate mosso a un tratto con due ginocchi, né così levato? Vi dico dunque che questo mio Cristo sta bene, perché si può dire o che s’inginocchi alla madre, o che, essendo stato ginocchioni un pezzo, cominci a levar una gamba per rizzarsi". Di che mostrò rimanere assai quieto il guardiano, pure se n’andò in là così borbottando sotto voce. Fu Giovanfrancesco molto arguto nelle risposte, onde si racconta ancora che, essendogli una volta detto da un prete che troppo erano lascive le sue figure degl’altari, rispose: "Voi state fresco, se le cose dipinte vi comuovono, pensate come è da fidarsi di voi dove siano persone vive e palpabili". A Isola, luogo in sul lago di Garda, dipinse due tavole nella chiesa de’ Zoccolanti, et in Malsessino, terra sopra il detto lago, fece, sopra la porta d’una chiesa, una Nostra Donna bellissima, et in chiesa alcuni Santi a requisizione del Fracastoro, poeta famosissimo, del quale era amicissimo. Al conte Giovanfrancesco Giusti dipinse, secondo la invenzione di quel signore, un giovane tutto nudo, eccetto le parti vergognose, il quale stando in fra due, et in atto di levarsi o non levarsi, aveva da un lato una giovane bellissima finta per Minerva, che con una mano gli mostrava la fama in alto, e con l’altra lo eccitava a seguitarla; ma l’ozio e la pigrizia che erano dietro al giovane, si affaticavano per ritenerlo. A basso era una figura con viso mastinotto, e più di servo e d’uomo plebeo che di nobile, la quale aveva alle gomita attaccate due lumache grosse e si stava a sedere sopra un granchio; et appresso aveva un’altra figura con le mani piene di papaveri. Questa invenzione, nella quale sono altre belle fantasie e particolari, e la quale fu condotta da Giovanfrancesco con estremo amore e diligenza, serve per testiera d’una lettiera di quel signore in un suo amenissimo luogo detto Santa Maria Stella, presso a Verona. Dipinse il medesimo al conte Raimondo della Torre tutto un camerino di diverse storie in figure piccole. E perché si dilettò di far di rilievo, e non solamente modegli per quelle cose che gli bisognavano e per acconciar panni addosso, ma altre cose ancora per suo capriccio, se ne veggiono alcune in casa degl’eredi suoi, e particolarmente una storia di mezzo rilievo che non è se non ragionevole. Lavorò di ritratti in medaglie, e se ne veggiono ancora alcuni come quello di Guglielmo marchese di Monferrato, il quale ha per rovescio un Ercole che amazza... con un motto che dice: "Monstra domat". Ritrasse di pittura il conte Raimondo della Torre, Messer Giulio suo fratello e Messer Girolamo Fracastoro. Ma fatto Giovanfrancesco vecchio, cominciò a ire perdendo nelle cose dell’arte, come si può vedere in Santa Maria della Scala ne’ portegli degl’organi, e nella tavola della famiglia de’ Movi, dove è un Deposto di croce, et in Santa Nastasia nella capella di San Martino. Ebbe sempre Giovanfrancesco grande opinione di sé, onde non arebbe messo in opera per cosa del mondo cosa ritratta da altri, perché volendogli il vescovo Giovan