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Fontana, lontana un miglio da Casalmaggiore; e, come lasciò, fu sepolto nudo con una croce d’arcipresso sul petto in alto. Finì il corso della sua vita a dì 24 d’agosto 1540, con gran perdita dell’arte per la singolar grazia che le sue mani diedero alle pitture che fece. Si dilettò Francesco di sonar di liuto et ebbe in ciò tanto la mano e l’ingegno accomodato, che non fu in quello manco eccellente che nella pittura. Ma è ben vero che se non avesse lavorato a capriccio et avesse messo da canto le sciocchezze degl’alchimisti, sarebbe veramente stato dei più rari et eccellenti pittori dell’età nostra. Non niego che il lavorare a furori e quando se n’ha voglia non sia il miglior tempo, ma biasimo bene il non voler lavorare mai, o poco, et andar perdendo il tempo in considerazioni; atteso che il voler truffare e dove non si può aggiugnere pervenire, è spesso cagione che si smarrisce quello che si sa, per volere quello che non si può. Se Francesco, il quale ebbe dalla natura bella e graziosa maniera e spirito vivacissimo, avesse seguitato di fare giornalmente, arebbe acquistato di mano in mano tanto nell’arte, che sì come diede bella e graziosa aria alle teste e molta leggiadria, così arebbe di perfezzione, di fondamento e bontà nel disegno, avanzato se stesso e gl’altri. Rimase dopo lui Ieronimo Mazzuoli suo cugino, che imitò sempre la maniera di lui con suo molto onore, come ne dimostrano l’opere che sono di sua mano in Parma. A Viadana ancora, dove egli si fuggì con Francesco per la guerra, fece in San Francesco, luogo de’ Zoccoli, così giovanetto come era, in una tavolina, una bellissima Nunziata. Et un’altra ne fece in Santa Maria ne’ Borghi. In Parma ai frati di San Francesco conventuali fece la tavola dell’altar maggiore, dentrovi Giovacchino cacciato del tempio, con molte figure. Et in Santo Alessandro, monasterio di monache in quella città, fece in una tavola la Madonna in alto con Cristo fanciullo che porge una palma a Santa Iustina, et alcuni Angeli che scuoprono un panno, e Santo Alessandro papa e San Benedetto. Nella chiesa de’ frati Carmelitani fece la tavola dell’altar maggiore che è molto bella; et in San Sepolcro un’altra tavola assai grande. In San Giovanni Evangelista, chiesa di monache nella detta città, sono due tavole di mano di Girolamo assai belle, ma non quanto i portegli dell’organo, ne quanto la tavola dell’altar maggiore, nella quale è una Trasfigurazione bellissima e lavorata con molta diligenza. Ha dipinto il medesimo, nel refettorio di queste donne, una prospettiva in fresco, et in un quadro a olio la Cena di Cristo con gl’Apostoli; e nel Duomo a fresco la capella dell’altar maggiore. Ha ritratto, per madama Margherita d’Austria duchessa di Parma, il principe don Alessandro, suo figliuolo, tutto armato con la spada sopra un mappamondo, et una Parma ginocchioni et armata dinanzi a lui. Alla Steccata di Parma ha fatto in una capella a fresco gl’Apostoli che ricevono lo Spirito Santo; et in un arco, simile a quello che dipinse Francesco suo parente, ha fatto sei sibille, due colorite e quattro di chiaro scuro. Et in una nicchia al