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tenute in pregio, et egli da tutti gli studiosi del disegno onorato. Et avesse voluto Dio ch’egli avesse seguitato gli studii della pittura e non fusse andato dietro ai ghiribizzi di congelare mercurio per farsi più ricco di quello che l’aveva dotato la natura et il cielo, perciò che sarebbe stato sanza pari e veramente unico nella pittura; dove cercando di quello che non poté mai trovare, perdé il tempo, spregiò l’arte sua e fecesi danno nella propria vita e nel nome. Nacque Francesco in Parma l’anno 1504, e perché gli mancò il padre essendo egli ancor fanciullo di poca età, restò a custodia di due suoi zii, fratelli del padre e pittori ammendue, i quali l’allevarono con grandissimo amore, insegnandogli tutti quei lodevoli costumi che ad uomo cristiano e civile si convengono. Dopo, essendo alquanto cresciuto, tosto che ebbe la penna in mano per imparare a scrivere, cominciò, spinto dalla natura che l’avea fatto nascere al disegno, a far cose in quello maravigliose; di che accortosi il maestro che gl’insegnava a scrivere, persuase, vedendo dove col tempo poteva arrivare lo spirito del fanciullo, ai zii di quello, che lo facessero attendere al disegno et alla pittura. Laonde, ancor che essi fusssero vecchi e pittori di non molta fama, essendo però di buon giudizio nelle cose dell’arte, conosciuto Dio e la natura essere i primi maestri di quel giovinetto, non mancarono con ogni acuratezza di farlo attendere a disegnare sotto la disciplina d’eccellenti maestri, acciò pigliasse buona maniera. E parendo loro nel continuare che fusse nato, si può dire, con i pennelli in mano, da un canto lo sollecitavano e dall’altro, dubitando non forse i troppi studii gli guastassero la complessione, alcuna volta lo ritiravano. Ma finalmente, essendo all’età di sedici anni pervenuto, dopo aver fatto miracoli nel disegno, fece in una tavola di suo capriccio, un San Giovanni che battezza Cristo, il quale condusse di maniera, che ancora chi la vede resta maravigliato che da un putto fusse condotta sì bene una simil cosa. Fu posta questa tavola in Parma alla Nunziata, dove stanno i frati de’ Zoccoli. Ma non contento di questo, si volle provare Francesco a lavorare in fresco, per che fatta in San Giovanni Evangelista, luogo de’ monaci neri di San Benedetto, una capella, perché quella sorte di lavoro gli riusciva, ne fece insino in sette. Ma in quel tempo, mandando papa Leon Decimo il signor Prospero Colonna col campo a Parma, i zii di Francesco, dubitando non forse perdesse tempo o si sviasse, lo mandarono in compagnia di Ieronimo Mazzuoli suo cugino, anch’egli putto e pittore, in Viadana, luogo del Duca di Mantoa, dove stando tutto il tempo che durò quella guerra, vi dipinse Francesco due tavole a tempera, una delle quali, dove è San Francesco che riceve le stimite e Santa Chiara, fu posta nella chiesa de’ frati de’ Zoccoli, e l’altra, nella quale è uno sposalizio di Santa Caterina, con molte figure, fu posta in S. Piero. Né creda niuno che queste siano opere da principiante e giovane, ma da maestro e vecchio. Finita la guerra e tornato Francesco col cugino a Parma, primamente finì alcuni quadri che alla sua partita aveva lasciati imperfetti, che sono appresso varie persone, e dopo fece in una tavola a olio la Nostra Donna col Figliuolo in collo, San Ieronimo da un lato e il beato Bernardino da Feltro nell’altro. E nella testa d’uno dei detti ritrasse il padrone della tavola tanto bene, che non gli manca se non lo spirito. E tutte quest’opere condusse inanzi che fusse di età d’anni dicianove. Dopo, venuto in desiderio di veder Roma, come quello che era in sull’acquistare e sentiva molto