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continuo, come ne possono far fede alcuni suoi disegni che sono nel nostro libro. E non è gran fatto che molti se ne veggiano e tutti con diligenza finiti, perché si dilettò molto più di disegnare che di colorire. Furono le prime cose di Giovan Francesco da lui lavorate nelle logge del papa a Roma in compagnia di Giovanni da Udine, di Perino del Vaga e d’altri eccellenti maestri. Nelle quali opere si vede una bonissima grazia e di maestro che attendesse alla perfezzione delle cose; fu universale e dilettossi molto di far paesi e casamenti; colorì bene a olio, a fresco et a tempera e ritrasse di naturale eccellentemente e fu in ogni cosa molto aiutato dalla natura, intanto che senza molto studio intendeva bene tutte le cose dell’arte, onde fu di grande aiuto a Raffaello a dipignere gran parte de’ cartoni dei panni d’arazzo della cappella del papa e del Concistoro, e particolarmente le fregiature. Lavorò anco molte altre cose con i cartoni et ordine di Raffaello, come la volta d’Agostino Chigi in Trastevere e molti quadri, tavole et altre opere diverse. Nelle quali si portò tanto bene, che meritò più l’un giorno che l’altro da Raffaello essere amato. Fece in Monte Giordano in Roma una facciata di chiaro scuro et in Santa Maria di Anima, alla porta del fianco che va alla Pace, in fresco un San Cristofano d’otto braccia, che è bonissima figura; et in quest’opera è un romito in una grotta con una lanterna in mano, con buon disegno e grazia unitamente condotto. Venuto poi Giovan Francesco a Firenze, fece a Lodovico Capponi a Montughi, luogo fuor della porta a San Gallo, un tabernacolo con una Nostra Donna molto lodata. Intanto, venuto a morte Raffaello, Giulio Romano e Giovan Francesco, stati suoi discepoli, stettono molto tempo insieme e finirono di compagnia l’opere che di Raffaello erano rimase imperfette, e particolarmente quelle che egli aveva cominciato nella vigna del papa e similmente quelle della sala grande di palazzo; dove sono di mano di questi due dipinti le storie di Gostantino con bonissime figure e condotte con bella pratica e maniera, ancor che le invenzioni e gli schizzi delle storie venissero in parte da Raffaello. Mentre che questi lavori si facevano, Perino del Vaga, pittore molto eccellente, tolse per moglie una sorella di Giovan Francesco, onde fecero molti lavori insieme, e seguitando poi Giulio e Giovan Francesco fecero in compagnia una tavola di due pezzi, drentovi l’assunzione di Nostra Donna che andò a Perugia a Monteluci, e così altri lavori e quadri per diversi luoghi. Avendo poi commessione da Papa Clemente di fare una tavola simile a quella di Raffaello che è a San Piero a Montorio, la quale si aveva a mandare in Francia, dove quella era prima stata da Raffaello destinata, la cominciarono et appresso venuti a divisione e partita la roba, i disegni et ogni altra cosa lasciata loro a Raffaello, Giulio se n’andò a Mantova, dove al Marchese lavorò infinite cose; là dove, non molto dopo, capitando ancor Giovan Francesco, o tiratovi dall’amicizia di Giulio o da speranza di dovervi lavorare, fu sì poco da Giulio accarezzato, che se ne partì tostamente e, girata la Lombardia, se ne tornò a Roma; e da Roma in sulle galee se n’andò a Napoli dietro al Marchese del Vasto, portando seco la tavola finita, che era imposta, di San Piero a Montorio et altre cose, le quali fece posare in Ischia, isola del Marchese. Ma la tavola fu posta poi, dove è oggi, in Napoli nella chiesa di Santo Spirito degl’Incurabili. Fermatosi dunque Giovan Francesco in Napoli et attendendo a disegnare e dipignere, si tratteneva, essendo da lui