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cominciando nella sua giovanezza a lavorare di terra, di cera e di bronzo, s’acquistò nome d’eccellente scultore e perciò, essendo condotto da Antonio da San Gallo a Loreto, insieme con molti altri per dar fine all’ornamento di quella camera, secondo l’ordine lasciato da Andrea Sansovino, finì del tutto Raffaello lo Sposalizio di Nostra Donna, stato cominciato dal detto Sansovino, conducendo molte cose a perfezzione con bella maniera, parte sopra le bozze d’Andrea, parte di sua fantasia. Onde fu meritamente stimato de’ migliori artefici che vi lavorassino al tempo suo. Finita quell’opera, Michelagnolo mise mano, per ordine di papa Clemente Settimo, a dar fine, secondo l’ordine cominciato, alla sagrestia nuova et alla libreria di San Lorenzo di Firenze; onde Michelagnolo, conosciuta la virtù di Raffaello, si servì di lui in quell’opera, e fra l’altre cose gli fece fare, secondo il modello che n’aveva egli fatto, il San Damiano di marmo che è oggi in detta sagrestia, statua bellissima e sommamente lodata da ognuno. Dopo la morte di Clemente, trattenendosi Raffaello appresso al duca Alessandro de’ Medici, che allora faceva edificare la fortezza del Prato, gli fece di pietra bigia in una punta del baluardo principale di detta fortezza, cioè dalla parte di fuori, l’arme di Carlo Quinto imperatore, tenuta da due Vittorie ignude e grandi quanto il vivo, che furono e sono molto lodate. E nella punta d’un altro, cioè verso la città dalla parte di mezzogiorno, fece l’arme del detto duca Alessandro della medesima pietra con due figure. E non molto dopo lavorò un Crucifisso grande di legno per le monache di Santa Apollonia. E per Alessandro Antinori, allora nobilissimo e ricchissimo mercante fiorentino, nelle nozze d’una sua figliuola, un apparato ricchissimo con statue, storie e molti altri ornamenti bellissimi. Andato poi a Roma, dal Buonarroto gli furono fatte fare due figure di marmo, grandi braccia cinque, per la sepoltura di Giulio Secondo a San Pietro in Vincula, murata e finita allora da Michelagnolo. Ma amalandosi Rafaello mentre faceva questa opera, non poté mettervi quello studio e diligenza che era solito, onde ne perdé di grado e sodisfece poco a Michelagnolo. Nella venuta di Carlo Quinto imperatore a Roma, facendo fare papa Paulo Terzo un apparato degno di quell’invittissimo principe, fece Raffaello in sul ponte Santo Agnolo di terra e stucchi quattordici statue tanto belle ch’elle furono giudicate le migliori che fussero state fatte in quell’apparato; e, che è più, le fece con tanta prestezza, che fu a tempo a venir a Firenze, dove si aspettava similmente l’imperatore, a fare nello spazio di cinque giorni, e non più, in sulla coscia del ponte a Santa Trinita due fiumi di terra di nove braccia l’uno: cioè il Reno per la Germania et il Danubio per l’Ungheria. Dopo, essendo condotto a Orvieto, fece di marmo in una capella dove aveva prima fatto il Mosca, scultore eccellente, molti ornamenti bellissimi, di mezzo rilievo la storia de’ Magi, che riuscì opera molto bella per la varietà di molte figure che egli vi fece con assai buona maniera. Tornato poi a Roma, da Tiberio Crispo, castellano allora di Castel Sant’Agnolo, fu fatto architetto di quella gran mole, onde egli vi acconciò et ornò molte stanze con intagli di molte pietre e mischi di diverse sorti ne’ camini, finestre e porte. Fecegli, oltre ciò, una statua di marmo alta cinque braccia, cioè l’Angelo di Castello, che è in cima del torrion quadro di mezzo, dove sta lo stendardo, a similitudine