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ch’è il loro e, se piace a essi, porta l’intero pagamento che te gli darò, perciò che questo è mio". Gli ufficiali, veduto l’opera mirabile che in quello aveva fatto, gli mandarono i danari a bottega et esso mandò loro l’altro alare. Dicono ancora che Lorenzo de’ Medici volse far fare ferramenti per mandare a donar fuora, acciò che l’eccellenza del Caparra si vedesse; per che andò egli stesso in persona a bottega sua e per avventura trovò che lavorava alcune cose che erano di povere persone da le quali aveva avuto parte del pagamento per arra; richiedendolo dunque Lorenzo, egli mai non gli volse promettere di servirlo se prima non serviva coloro, dicendogli che erano venuti a bottega inanzi a lui e che tanto stimava i danari loro quanto quei di Lorenzo. Al medesimo portarono alcuni cittadini giovani un disegno perché facesse loro un ferro da sbarrare e rompere altri ferri con una vite, ma egli non gli volle altrimenti servire, anzi sgridandogli disse loro: "Io non voglio per niun modo in così fatta cosa servirvi, perciò che non sono se non instrumenti da ladri e da rubare o svergognare fanciulle. Non sono vi dico cosa per me, né per voi, i quali mi parete uomini da bene". Costoro, veggendo che il Caparra non voleva servirgli, dimandarono chi fusse in Fiorenza che potesse servirgli; per che venuto egli in collera con dir loro una gran villania se gli levò d’intorno. Non volle mai costui lavorare a Giudei, anzi usava dire che i loro danari erano fraccidi e putivano. Fu persona buona e religiosa, ma di cervello fantastico et ostinato: né volendo mai partirsi di Firenze, per offerte che gli fussero fatte, in quella visse e morì. Ho di costui voluto fare questa memoria, perché invero nell’esercizio suo fu singolare e non ha mai avuto, né averà pari, come si può particolarmente vedere ne’ ferri e nelle bellissime lumiere di questo palazzo degli Strozzi, il quale fu condotto a fine dal Cronaca et adornato d’un ricchissimo cortile d’ordine corinzio e dorico con ornamenti di colonne, capitelli, cornici, fenestre e porte bellissime. E se a qualcuno paresse che il didentro di questo palazzo non corrispondesse al difuori, sappia che la colpa non è del Cronaca, perciò che fu forzato accommodarsi dentro al guscio principiato da altri e seguitare in gran parte quello che da altri era stato messo inanzi, e non fu poco che lo riducesse a tanta bellezza, quanta è quella che vi si vede. Il medesimo si risponde a coloro che dicessino che la salita delle scale non è dolce, né di giusta misura, ma troppo erta e repente; e così anco a chi dicesse che le stanze e gl’altri apartamenti di dentro non corrispondessino, come si è detto, alla grandezza e magnificenza di fuori. Ma non perciò sarà mai tenuto questo palazzo, se non veramente magnifico e pari a qualsivoglia privata fabrica, che sia stata in Italia a’ nostri tempi edificata. Onde meritò e merita il Cronaca, per questa opera, infinita comendazione. Fece il medesimo la sagrestia di Santo Spirito in Fiorenza, che è un tempio a otto facce, con bella proporzione e condotto molto pulitamente. E fra l’altre cose, che in questa opera si veggiono, vi sono alcuni capitelli condotti dalla felice mano d’Andrea dal Monte Sansovino, che sono lavorati con somma perfezzione. E similmente il ricetto della detta sagrestia, che è tenuto di bellissima invenzione, se bene il partimento come si dirà non è su le colonne ben partito. Fece anco il medesimo la chiesa di S. Francesco dell’Osservanza in sul poggio di San Miniato fuor di Firenze e similmente tutto il convento