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l’artefice e chi lo fa operare essere d’uno animo istesso, da che ne l’opere si coniungono. E per lo contrario, quanti sono stati i principi poco intendenti, i quali per essersi incontrati in persone eccellenti e di giudizio, hanno doppo la morte loro non minor fama avuto per le memorie delle fabriche che in vita si avessero per il dominio ne’ popoli. Ma veramente il Cronaca fu nel suo tempo avventurato; perciò che egli seppe fare, trovò chi di continuo lo mise in opera, et in cose tutte grandi e magnifiche. Di costui si racconta che mentre Antonio Pollaiuolo era in Roma a lavorare le sepolture di bronzo che sono in San Pietro, gli capitò a casa un giovanetto suo parente, chiamato per proprio nome Simone, fuggitosi da Fiorenza per alcune quistioni, il quale, avendo molta inclinazione all’arte dell’architettura per essere stato con un maestro di legname, cominciò a considerare le bellissime anticaglie di quella città e dilettandosene le andava misurando con grandissima diligenzia. Laonde seguitando, non molto poi che fu stato a Roma, dimostrò avere fatto molto profitto, sì nelle misure e sì nel metterete in opera alcuna cosa; per il che, fatto pensiero di tornarsene a Firenze, si partì di Roma et arrivato alla patria, per essere divenuto assai buon ragionatore, contava le maraviglie di Roma e d’altri luoghi, con tanta accuratezza che fu nominato da indi in poi il Cronaca: parendo veramente a ciascuno che egli fusse una cronaca di cose nel suo ragionamento. Era dunque costui fattosi tale ch’e’ fu ne’ moderni tenuto il più eccellente architettore che fusse nella città di Fiorenza; per avere nel discernere i luoghi giudizio e per mostrare che era con lo ingegno più elevato che molti altri che attendevano a quel mestiero. Conoscendosi per le opere sue quanto egli fussi buono imitatore delle cose antiche e quanto egli osservasse le regole di Vetruvio e le opere di Filippo di Ser Brunellesco. Era allora in Fiorenza quel Filippo Strozzi, che oggi a differenza del figliuolo si chiama il Vecchio, il quale per le sue ricchezze desiderava lassare di sé alla patria et a’ figliuoli, tra le altre, memoria di un bel palazzo. Per la qual cosa Benedetto da Maiano, chiamato a questo effetto da lui, gli fece un modello isolato intorno intorno, che poi si mise in opera, ma non interamente, come si dirà di sotto, non volendo alcuni vicini fargli commodità de le case loro. Onde cominciò il palazzo in quel modo che poté e condusse il guscio di fuori, avanti la morte di esso Filippo, presso che alla fine; il quale guscio è d’ordine rustico e graduato, come si vede, perciò che la parte de’ bozzi dal primo finestrato in giù, insieme con le porte, è rustica grandemente e la parte che è dal primo finestrato al secondo è meno rustica assai. Ora accadde che, partendosi Benedetto di Fiorenza, tornò a punto il Cronaca da Roma; onde essendo messo per le mani a Filippo, gli piacque tanto per il modello che gli fece del cortile e del cornicione che va di fuori intorno al palazzo, che, conosciuta l’eccellenza di quell’ingegno, volle che poi il tutto passasse per le sue mani, servendosi sempre poi di lui. Fecevi dunque il Cronaca, oltra la bellezza di fuori con ordine toscano, in cima una cornice corinzia molto magnifica, che è per fine del tetto; della quale la metà al presente si vede finita con tanta singolar grazia che non vi si può apporre, né si può più bella disiderare. Questa cornice fu ritratta dal Cronaca e tolta e misurata a punto in Roma da una antica che si truova