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tempi molta fama et ancora che egli avesse la maniera gentile da ognuno tenuta bellissima, e con tutto che egli avesse veduto tante anticaglie in quella città e che egli studiasse continovamente, non aveva però per questo dato ancora alle sue figure una certa grandezza e maestà che e’ diede loro da qui avanti. Avenne, adunque, in questo tempo che Michelagnolo fece al Papa nella cappella quel romore e paura di che parleremo nella vita sua, onde fu sforzato fuggirsi a Fiorenza; per il che avendo Bramante la chiave della capella, a Rafaello, come amico, la fece vedere, acciò che i modi di Michelagnolo comprendere potesse. Onde tal vista fu cagione che in Santo Agostino sopra la Santa Anna di Andrea Sansovino in Roma Rafaello subito rifacesse di nuovo lo Esaia profeta che ci si vede, che di già lo aveva finito. Nella quale opera per le cose vedute di Michelagnolo migliorò et ingrandì fuor di modo la maniera e diedele più maestà. Perché, nel veder poi Michelagnolo l’opera di Raffaello, pensò che Bramante, com’era vero, gli avesse fatto quel male innanzi per fare utile e nome a Rafaello. Al quale Agostino Chisi sanese, ricchissimo mercante, e di tutti gl’uomini virtuosi amicissimo, fece non molto dopo allogazione d’una cappella; e ciò per avergli poco inanzi Raffaello dipinto in una loggia del suo palazzo, oggi detto i Chisii in Trastevere, con dolcissima maniera una Galatea nel mare sopra un carro tirato da due dolfini a cui sono intorno i tritoni e molti dèi marini. Avendo dunque fatto Rafaello il cartone per la detta capella, la quale è all’entrata della chiesa di S. Maria della Pace a man destra entrando in chiesa per la porta principale, la condusse lavorata in fresco della maniera nuova, alquanto più magnifica e grande che non era la prima. Figurò Raffaello in questa pittura, avanti che la cappella di Michelagnolo si discoprisse publicamente, avendola nondimeno veduta, alcuni profeti e sibille che nel vero delle sue cose è tenuta la migliore e, fra le tante belle, bellissima; perché nelle femine e nei fanciulli che vi sono si vede grandissima vivacità e colorito perfetto. E questa opera lo fé stimar grandemente vivo e morto, per essere la più rara et eccellente opera che Raffaello facesse in vita sua. Poi, stimolato da’ prieghi d’un cameriere di papa Giulio, dipinse la tavola dello altar maggiore di Araceli, nella quale fece una Nostra Donna in aria, con un paese bellissimo, un San Giovanni et un San Francesco, e San Girolamo ritratto da cardinale; nella qual Nostra Donna è una umiltà e modestia veramente da madre di Cristo; et oltre che il Putto con bella attitudine scherza co ’l manto della Madre, si conosce nella figura del San Giovanni quella penitenza che suole fare il digiuno, e nella testa si scorge una sincerità d’animo et una prontezza di sicurtà, come in coloro che lontani dal mondo lo sbeffano e nel praticare il publico odiano la bugia e dicono la verità. Similmente il San Girolamo ha la testa elevata con gli occhi alla Nostra Donna, tutta contemplativa, ne’ quali par che ci accenni tutta quella dottrina e sapienzia che egli scrivendo mostrò nelle sue carte, offerendo con ambe le mani il cameriero, in atto di raccomandarlo, il qual cameriero nel suo ritratto è non men vivo che si sia dipinto. Né mancò Raffaello fare il medesimo nella figura di San Francesco, il quale ginocchioni in terra, con un braccio steso e con la testa elevata, guarda in alto la Nostra Donna, ardendo di carità nello affetto della pittura, la quale nel lineamento e