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ch’ell’ha in tutte le parti. Finito questo lavoro e tornato a Fiorenza, gli fu dai Dei, cittadini fiorentini, allogata una tavola che andava alla cappella dell’altar loro in Santo Spirito; et egli la cominciò e la bozza a bonissimo termine condusse, et intanto fece un quadro che si mandò in Siena, il quale nella partita di Raffaello rimase a Ridolfo del Ghirlandaio, perch’egli finisse un panno azzurro che vi mancava. E questo avvenne perché Bramante da Urbino, essendo a’ servigi di Giulio II, per un poco di parentela ch’aveva con Raffaello e per essere di un paese medesimo, gli scrisse che aveva operato col Papa, il quale aveva fatto fare certe stanze ch’egli potrebbe in quelle mostrar il valor suo. Piacque il partito a Raffaello, perché lasciate l’opere di Fiorenza e la tavola dei Dei non finita, ma in quel modo che poi la fece porre Messer Baldassarre da Pescia nella Pieve della sua patria dopo la morte di Raffaello, si trasferì a Roma, dove giunto, Raffaello trovò che gran parte delle camere di palazzo erano state dipinte e tuttavia si dipignevano da più maestri; e così stavano, come si vedeva, che ve n’era una che da Pietro della Francesca vi era una storia finita, e Luca da Cortona aveva condotta a buon termine una facciata, e don Pietro della Gatta, abbate di San Clemente di Arezzo, vi aveva cominciato alcune cose; similmente Bramantino da Milano vi aveva dipinto molte figure, le quali la maggior parte erano ritratti di naturale che erano tenuti bellissimi. Laonde Raffaello, nella sua arrivata avendo ricevute molte carezze da papa Iulio, cominciò nella camera della Segnatura una storia quando i Teologi accordano la filosofia e l’astrologia con la teologia, dove sono ritratti tutti i savi del mondo che disputano in vari modi; sonvi in disparte alcuni astrologi che hanno fatto figure sopra certe tavolette e caratteri in varii modi di geomanzia e d’astrologia, et ai Vangelisti le mandano per certi Angeli bellissimi, i quali Evangelisti le dichiarano. Fra costoro è un Diogene con la sua tazza a giacere in su le scalee, figura molto considerata et astratta, che per la sua bellezza e per lo suo abito così accaso è degna d’essere lodata. Similmente vi è Aristotile e Platone, l’uno col Timeo in mano, l’altro con l’Etica, dove intorno li fanno cerchio una grande scuola di filosofi. Né si può esprimere la bellezza di quelli astrologi e geometri che disegnano con le seste in su le tavole moltissime figure e caratteri. Fra i medesimi, nella figura d’un giovane di formosa bellezza, il quale apre le braccia per maraviglia e china la testa, è il ritratto di Federigo II, Duca di Mantova, che si trovava allora in Roma. Èvvi similmente una figura che, chinata a terra con un paio di seste in mano, le gira sopra le tavole, la quale dicono essere Bramante architettore, che egli non è men desso che se e’ fusse vivo, tanto è ben ritratto. Et allato a una figura che volta il didietro et ha una palla del cielo in mano, è il ritratto di Zoroastro, et allato a esso è Raffaello, maestro di questa opera, ritrattosi da sé medesimo nello specchio: questo è una testa giovane e d’aspetto molto modesto, acompagnato da una piacevole e buona grazia, con la berretta nera in capo. Né si può esprimere la bellezza e la bontà che si vede nelle teste e figure de’ Vangelisti, a’ quali ha fatto nel viso una certa attenzione et accuratezza molto naturale e massimamente a quelli che scrivono. E così fece dietro ad un San Matteo mentre che egli cava di quelle tavole dove sono le figure i caratteri tenuteli da uno Angelo e che le distende in su un