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nel castello del Monte San Savino, et un altro per il medesimo ne fece a Monte Pulciano, cose di bonissima grazia, lavorato e finito. Fece l’ordine della banda delle case de’ frati de’ Servi, su la piazza loro, secondo l’ordine della loggia degli Innocenti. Et in Arezzo fece i modelli delle navate della Nostra Donna delle Lagrime che fu molto male intesa perché scompagna con la fabbrica prima, e gli archi delle teste non tornano in mezzo; similmente fece un modello della Madonna di Cortona, il quale non penso che si mettesse in opera. Fu adoprato nello assedio per le fortificazioni e bastioni dentro alla città, et ebbe a cotale impresa per compagnia Francesco, suo nipote. Dopo, essendo stato messo in opera il gigante di piazza, di mano di Michelagnolo, al tempo di Giuliano fratello di esso Antonio, e dovendovisi condurre quel[l'] altro che aveva fatto Baccio Bandinelli, fu data la cura ad Antonio di condurvelo a salvamento; et egli, tolto in sua compagnia Baccio d’Agnolo, con ingegni molto gagliardi lo condusse e posò salvo in su quella base che a questo effetto si era ordinata. In ultimo, essendo egli già vecchio divenuto, non si dilettava d’altro che dell’agricoltura, nella quale era intelligentissimo. Laonde, quando più non poteva per la vecchiaia patire gli incomodi del mondo, l’anno 1534 rese l’anima a Dio, et insieme con Giuliano suo fratello nella chiesa di Santa Maria Novella, nella sepoltura de’ Giamberti, gli fu dato riposo. Le opere maravigliose di questi duoi fratelli faranno fede al mondo dello ingegno mirabile che egli ebbono e della vita e costumi onorati e delle azzioni loro, avute in pregio da tutto il mondo. Lasciarono Giuliano et Antonio ereditaria l’arte dell’architettura dei modi dell’architetture toscane, con miglior forma che gli altri fatto non avevano, e l’ordine dorico con miglior misure e proporzione che alla vitruviana opinione e regola prima non s’era usato di fare. Condussero in Fiorenza nelle lor case una infinità di cose antiche di marmo bellissime che non meno ornarono et ornano Fiorenza ch’eglino ornassero sé et onorassero l’arte. Portò Giuliano da Roma il gettare le volte di materie che venissero intagliate; come in casa sua ne fa fede una camera et al Poggio a Caiano nella sala grande la volta che vi si vede ora; onde obligo si debbe avere alle fatiche sue avendo fortificato il dominio fiorentino et ornata la città, e per tanti paesi dove lavorarono dato nome a Fiorenza et agli ingegni toscani, che per onorata memoria hanno fatto loro questi versi:

Cedite Romani structores, cedite Grai,
     artis Vitruvi tu quoque cede parens.
Hetruscos celebrate viros, testudinis arcus,
     urna, tholus, statuae, templa, domusque petunt.