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con molti doni avuti dal Papa a Fiorenza. Il che fu molto caro a Piero Soderini, il quale lo mise subito in opera. Né passarono sei mesi che Messer Bartolomeo della Rovere, nipote del Papa e compare di Giuliano, gli scrisse, a nome di Sua Santità, che egli dovesse per suo utile ritornare a Roma; ma non fu possibile né con patti né con promesse svolgere Giuliano, parendogli essere stato schernito dal Papa. Ma finalmente, essendo scritto a Piero Soderini che per ogni modo mandasse Giuliano a Roma perché Sua Santità voleva fornire la fortificazione del Torrion tondo, cominciata da Nicola Quinto, e così quella di Borgo e Belvedere et altre cose, si lasciò Giuliano persuadere dal Soderino, e così andò a Roma, dove fu dal Papa ben raccolto e con molti doni. Andando poi il Papa a Bologna, cacciati che ne furono i Bentivogli, per consiglio di Giuliano deliberò far fare da Michelagnolo Buonarroti un papa di bronzo, il che fu fatto, sì come si dirà nella vita di esso Michelagnolo. Seguitò similmente Giuliano il Papa alla Mirandola e, quella presa, avendo molti disagi e fatiche sopportato, se ne tornò con la corte a Roma. Né essendo ancora la rabbia di cacciare i Franzesi d’Italia uscita di testa al Papa, tentò di levare il governo di Fiorenza delle mani a Piero Soderini, essendogli ciò, per fare quello che aveva in animo, di non piccolo impedimento. Onde per queste cagioni, essendosi diviato il Papa dal fabricare e nelle guerre intricato, Giuliano già stanco si risolvette dimandare licenza al Papa, vedendo che solo alla fabrica di San Piero si attendeva et anco a quella non molto. Ma rispondendogli il Papa in collera: "Credi tu che non si trovino de’ Giuliani da San Gallo?", egli rispose che non mai di fede, né di servitù pari alla sua, ma che ritrovarebbe bene egli de’ principi di più integrità nelle promesse che non era stato il Papa verso sé. Insomma, non gli dando altramente licenza, il Papa gli disse che altra volta gliene parlassi. Aveva intanto Bramante condotto a Roma Raffaello da Urbino, messelo in opera a dipignere le camere papali, onde Giuliano vedendo che in quelle pitture molto si compiaceva il Papa, e che egli disiderava che si dipignesse la volta della cappella di Sisto suo zio, gli ragionò di Michelagnolo, aggiugnendo che egli aveva già in Bologna fatta la statua di bronzo. La qual cosa piacendo al Papa, fu mandato per Michelagnolo, e giunto in Roma allogatagli la volta della detta cappella. Poco dopo, tornando Giuliano a chiedere di nuovo al Papa licenza, Sua Santità vedendolo in ciò deliberato, fu contento che a Fiorenza se ne tornasse con sua buona grazia; e poi che l’ebbe benedetto, in una borsa di raso rosso gli donò cinquecento scudi, dicendogli che se ne tornasse a casa a riposarsi e che in ogni tempo gli sarebbe amorevole. Giuliano dunque, baciatogli il santo piede, se ne tornò a Fiorenza in quel tempo a punto che Pisa era circondata et assediata dall’esercito fiorentino; onde non sì tosto fu arrivato, che Piero Soderini, dopo l’accoglienze, lo mandò in campo ai comissarii, i quali non potevano riparare che i Pisani non mettessino per Arno vettovaglie in Pisa. Giuliano dunque, disegnato che a tempo migliore si facesse un ponte in sulle barche, se ne tornò a Fiorenza, e venuta la primavera, menando seco Antonio suo fratello, se n’andò a Pisa, dove condussero un ponte che fu cosa molto ingegnosa, perché, oltre che alzandosi et abbassandosi si difendeva dalle piene e stava saldo, essendo bene incatenato,