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Gallo, perché nel 1530 per lo assedio di Fiorenza fu rovinata e buttata in terra insieme col borgo, che di fabriche molto belle aveva piena tutta la piazza; et al presente non vi si vede alcun vestigio né di casa, né di chiesa, né di convento. Successe in quel tempo la morte del re di Napoli, e Giuliano Gondi, ricchissimo mercante fiorentino, se ne tornò a Fiorenza, e dirimpetto a San Firenze, di sopra dove stavano i lioni fece di componimento rustico fabricare un palazzo da Giuliano, col quale, per la gita di Napoli, aveva stretta dimestichezza. Questo palazzo doveva fare la cantonata finita e voltare verso la Mercatanzia Vecchia, ma la morte di Giuliano Gondi la fece fermare; nel qual palazzo fece fra l’altre cose un cammino molto ricco d’intagli e tanto vario di componimento e bello che non se n’era insino alora veduto un simile, né con tanta copia di figure. Fece il medesimo per un viniziano, fuor de la porta a Pinti in Camerata, un palazzo, et a’ privati cittadini molte case, delle quali non accade far menzione. E volendo il Magnifico Lorenzo, per utilità publica et ornamento dello stato lasciar fama e memoria, oltre alle infinite che procacciate si aveva, fare la fortificazione del Poggio Imperiale sopra Poggibonzi su la strada di Roma per farci una città, non la volle disegnare senza il consiglio e disegno di Giuliano; onde per lui fu cominciata quella fabbrica famosissima, nella quale fece quel considerato ordine di fortificazione e di bellezza che oggi veggiamo. Le quali opere gli diedero tal fama che dal Duca di Milano, a ciò che gli facesse il modello d’un palazzo per lui, fu per il mezzo poi di Lorenzo condotto a Milano, dove non meno fu onorato Giuliano dal Duca che e’ si fusse stato onorato prima dal re quando lo fece chiamare a Napoli. Perché, presentando egli il modello per parte del Magnifico Lorenzo, riempié quel Duca di stupore e di maraviglia nel vedere in esso l’ordine e la distribuzione di tanti begli ornamenti, e con arte tutti e con leggiadria accomodati ne’ luoghi loro. Il che fu cagione che, procacciate tutte le cose a ciò necessarie, si cominciasse a metterlo in opera. Nella medesima città furono insieme Giuliano e Lionardo da Vinci, che lavorava col Duca, e parlando esso Lionardo del getto che far voleva del suo cavallo, n’ebbe bonissimi documenti. La quale opra fu messa in pezzi per la venuta de’ Franzesi, e così il cavallo non si finì, né ancora si poté finire il palazzo. Ritornato Giuliano a Fiorenza, trovò che Antonio suo fratello, che gli serviva ne’ modegli, era divenuto tanto egregio che nel suo tempo non c’era chi lavorasse et intagliasse meglio di esso e massimamente Crocifissi di legno grandi, come ne fa fede quello sopra lo altar maggiore nella Nunziata di Fiorenza, et uno che tengono i frati di San Gallo in San Iacopo tra’ Fossi et uno altro nella Compagnia dello Scalzo, i quali sono tutti tenuti bonissimi. Ma egli lo levò da tale essercizio et alla architettura in compagnia sua lo fece attendere, avendo egli per il privato e publico a fare molte faccende. Avvenne, come di continuo avviene, che la fortuna nimica della virtù levò gli appoggi delle speranze a’ virtuosi con la morte di Lorenzo de’ Medici; la quale non solo fu cagione di danno agli artefici virtuosi et alla patria sua, ma a tutta l’Italia ancora; onde rimase Giuliano con gli altri spirti ingegnosi sconsolatissimo, e per lo dolore si trasferì a Prato vicino a Fiorenza a fare il tempio della Nostra Donna delle carcere, per essere ferme in Fiorenza tutte le fabbriche publiche e private. Dimorò dunque