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LETTERA DI M.

tempio Olimpico quel Gioue dello auorio ſi grande, & ſi venerãdo, fece anco molte ſtatue di bronzo. & auenga, che auanti a lui queſt’arte fuſſe ſtata molto in pregio, & in Grecia, & in Toſcana, & altroue, nondimeno ſi giudicò che egli di cotanto auanzaſſe ciaſcuno, che in tale arte haueſſe lauorato, che tutti gli altri ne diueniſſero oſcuri, & ne perdeſſero il nome. Fiori queſto nobile artefice ſecondo il cõto de’ Greci, nella Olimpiade ottantreeſima, che batte al cõto de’ Romani intorno a l’anno trecenteſimo, dopo la fondazione di Roma, & durò l’arte in buona riputazione dopo Fidia forſe centocinquanta anni, o poco piu, ſeguendo ſempre molti diſcepoli i primi maestri, i quali in questo ſpazio furono quaſi che ſenza numero. & queſte due, o tre etadi produſſero il fiore di queſta arte. Benche alcuna volta poi eſſendo caduta riſorgeſſe, ma non mai con tanta nobiltà, ne con tanto fauore. L’eccellenzia della quale mi sforzerò porre in queſte carte, ſecondo, che io trouo da altri eſſerne stato ſcritto. Et prima ſi dice, che furono fatte ſette Amazone, le quali ſi conſecrarono in quel tanto celebrato tempio di Diana Efeſia, a concorrenza da’ nobilißimi artefici: benche non tutte in vn medeſimo tempo. la bellezza, & la perfettione delle quali non ſi potendo coſi bene da ciaſcuno eſtimare, eſſendo ciaſcuna d’eſſe degna molto di eſſere commendata, giudicarono quella douer eſſere la migliore, & la piu bella, che i piu de gli artefici, che alcuna ne haueſſero fatta, commendaßero piu dopo la ſua propria. Et coſi toccò il primo vanto a quella di Policleto, il ſecondo a quella di Fidia, il terzo a quella di Creſilla, & coſi di mano in mano, ſecondo queſto ordine l’altre hebbero la propria loda. & queſto giudizio fu riputato verißimo. & a queſto poi ſtette ciaſcuno, hauẽdole per tali. Fidia, oltre a quel Gioue d’auorio, che noi dicemo, la quale opera fu di tanta ecceßiua bellezza, che niuno ſi trouò, che con ella ardiße di gareggiare, & oltre a vna Minerua pur d’auorio, che ſi guardaua in Athene nel tempio di quella dea, & oltre a quella Amazone, fece anco di bronzo vna Minerua di bellißima forma. la quale dalla bellezza fu la bella chiamata, & vn’altra ancora, la quale da Paolo Emilio fu al tẽpio della Fortuna cõſacrata. & due altre figure Greche cõ il mantello, le quali Q. Catulo poſe nel medeſimo tempio. Fece di piu vna figura di statura di coloßo, & egli medeſimo comincio, & mostrò come ſi dice a lauorare con lo ſcarpello di baßo rileuo. Venne dopo Fidia Policleto da Sicione, della cui mano fu quel morbido, & delicato giouane di bronzo con la benda intorno al capo, & che da quella ha il nome, il quale fu ſtimato, & comperato cẽto talenti; & del medeſimo anco fu quel giouinetto fiero, & di corpo robuſto, il quale dalla haſta, che ei teneua in mano, come ſuona la greca fauella, fu Doriforo nominato. Fece ancor egli quella nobil figura, la quale fu chiamata il Regolo della arte, dalla quale gli artefici, come da leggie giuſtißima ſoleuano prendere le miſure delle membra, & delle fattezze, che eßi intendeuano di fare; eſtimando quella in tutte le parti ſue perfettißima. Fece ancora vno, che ſi stropicciaua, & vno ignudo, che andaua ſopra vn pie ſolo, & duoi fanciulletti nudi, che giocauano a’ dadi, i quali da queſto hebbero il nome, i quali poi lungo tempo ſi uiddero a Roma



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