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514 SECONDA PARTE

cappella a man ritta, una tavola, dentrovi la Nostra Donna con tre figure, fra le quali un S. Bastiano è lodatissimo. Aveva Pietro tanto lavorato e tanto gli abondava sempre da lavorare, che e’ metteva in opera bene spesso le medesime cose; et era talmente la dottrina dell’arte sua ridotta a maniera, ch’e’ faceva a tutte le figure un’aria medesima. Per che essendo venuto già Michele Agnolo Buonarroti al suo tempo, desiderava grandemente Pietro vedere le figure di quello, per lo grido che gli davano gli artefici. E vedendosi occultare la grandezza di quel nome, che con sì gran principio per tutto aveva acquistato, cercava molto con mordaci parole, offendere quelli che operavano. E per questo meritò, oltre alcune brutture fattegli dagl’artefici, che Michele Agnolo in publico gli dicesse ch’egli era goffo nell’arte. Ma non potendo Pietro comportare tanta infamia, ne furono al magistrato degl’Otto tutti due, dove ne rimase Pietro con assai poco onore. Intanto i frati de’ Servi di Fiorenza avendo volontà di avere la tavola dello altar maggiore che fusse fatta da persona famosa, et avendola, mediante la partita di Lionardo da Vinci, che se ne era ito in Francia, renduta a Filippino, egli quando ebbe fatto la metà d’una di due tavole che v’andavano, passò di questa all’altra vita. Onde i frati, per la fede che avevano in Pietro, gli feciono allogazione di tutto il lavoro. Aveva Filippino finito in quella tavola dove egli faceva Cristo deposto di croce, i Niccodemi che lo depongono; e Pietro seguitò di sotto lo svenimento della Nostra Donna et alcune altre figure. E perchè andavano in questa opera due tavole, chè l’una voltava inverso il coro de’ frati e l’altra inverso il corpo della chiesa, dietro al coro si aveva a porre il Diposto di croce e dinanzi l’assunzione di Nostra Donna; ma Pietro la fece tanto ordinaria, che fu messo il Cristo deposto dinanzi, e l’Assunzione dalla banda del coro. E queste oggi, per mettervi il tabernacolo del Sacramento, sono state l’una e l’altra levate via; e per la chiesa, messe sopra certi altri altari, è rimaso in quell’opera solamente sei quadri, dove sono alcuni Santi dipinti da Pietro in certe nicchie. Dicesi che quando detta opera si scoperse, fu da tutti i nuovi artefici assai biasimata, e particolarmente perchè si era Pietro servito di quelle figure, che altre volte era usato mettere in opera, dove tentandolo gl’amici suoi, dicevano che affaticato non s’era e che aveva tralasciato il buon modo dell’operare, o per avarizia o per non perder tempo. Ai quali Pietro rispondeva: "Io ho messo in opera le figure altre volte lodate da voi e che vi sono infinitamente piaciute. Se ora vi dispiacciono e non le lodate, che ne posso io?". Ma coloro aspramente con sonetti e pubbliche villanie lo saettavano. Onde egli già vecchio partitosi da Fiorenza e tornatosi a Perugia, condusse alcuni lavori a fresco nella chiesa di S. Severo, monastero dell’Ordine di Camaldoli, nel qual luogo aveva Raffaello da Urbino giovanetto, e suo discepolo, fatto alcune figure, come nella sua vita si dirà. Lavorò similmente al Montone, alla Fratta et in molti altri luoghi del contado di Perugia, e particolarmente in Ascesi a S. Maria degl’Angeli, dove a fresco fece nel muro, dietro alla cappella della Madonna che risponde nel coro de’ frati, un Cristo in croce con molte figure. E nella chiesa di S. Piero, Badia de’ monaci neri in Perugia, dipinse all’altare maggiore in una tavola grande l’Ascensione con gl’Apostoli abbasso, che guardano verso il cielo. Nella