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FRANCESCO FRANCIA 505

monaci, e vi dipinse la Circoncisione di Cristo colorita vagamente. Nè volsono avere invidia i Ferraresi agl’altri circonvicini, anzi diliberati ornare delle fatiche del Francia il loro Duomo, gli allogarono una tavola, che vi fece su un gran numero di figure, e la intitolarono la tavola di Ogni Santi. Fecene in Bologna una in S. Lorenzo, con una Nostra Donna e due figure per banda, e due putti sotto, molto lodata. Nè ebbe appena finita questa, che gli convenne farne un’altra in S. Iobbe, con un Crucifisso e S. Iobbe ginocchioni appiè della croce, e due figure da’ lati. Era tanto sparsa la fama e l’opere di questo artefice per la Lombardia, che fu mandato di Toscana ancora per alcuna cosa di suo, come fu da Lucca, dove andò una tavola dentrovi una S. Anna e la Nostra Donna con molte altre figure, e sopra un Cristo morto in grembo alla madre; la quale opera è posta nella chiesa di S. Fridiano et è tenuta da’ lucchesi cosa molto degna. Fece in Bologna per la chiesa della Nunziata due altre tavole che furon molto diligentemente lavorate; e così fuor della porta a Strà Castione nella Misericordia, ne fece un’altra a requisizione d’una gentildonna de’ Manzuoli. Nella quale dipinse la Nostra Donna col Figliuolo in collo, S. Giorgio, S. Giovanni Batista, S. Stefano e S. Agostino con un Angelo a’ piedi, che tiene le mani giunte con tanta grazia, che par proprio di Paradiso. Nella Compagnia di S. Francesco nella medesima città, ne fece un’altra; e similmente una ne la Compagnia di S. Ieronimo. Aveva sua dimestichezza Messer Paolo Zambeccaro, e come amicissimo per ricordanza di lui gli fece fare un quadro assai grande, dentrovi una Natività di Cristo che è molto celebrata delle cose che egli fece. E per questa cagione Messer Polo gli fece dipignere due figure in fresco, alla sua villa, molto belle. Fece ancora in fresco una storia molto leggiadra in casa Messer Ieronimo Bolognino, con molte varie e bellissime figure. Le quali opere tutte insieme gli avevano recato una reverenza in quella città, che v’era tenuto come uno iddio. E quello che gliel’accrebbe in infinito, fu che il Duca d’Urbino gli fece dipignere un par di barde da cavallo, nelle quali fece una selva grandissima d’alberi, che vi era appiccato il fuoco, e fuor di quella usciva quantità grande di tutti gli animali aerei e terrestri, et alcune figure: cosa terribile, spaventosa e veramente bella, che fu stimata assai per il tempo consumatovi sopra nelle piume degli ucelli e nelle altre sorti d’animali terrestri, oltra le diversità delle frondi e rami diversi, che nella varietà degli alberi si vedevano. La quale opera fu riconosciuta con doni di gran valuta, per satisfare alle fatiche del Francia; oltra che il Duca sempre gli ebbe obligo per le lodi che egli ne ricevè. Il duca Guido Baldo parimente ha nella sua guardaroba, di mano del medesimo, in un quadro una Lucrezia romana da lui molto stimata, con molte altre pitture, delle quali si farà, quando sia tempo, menzione. Lavorò dopo queste, una tavola di S. Vitale et Agricola, allo altare della Madonna, che vi è dentro due Angeli che suonano il liuto, molto begli. Non conterò già i quadri che sono sparsi per Bologna in casa que’ gentiluomini, e meno la infinità de’ ritratti di naturale che egli fece, perchè troppo sarei prolisso. Basti che mentre che egli era in cotanta gloria e godeva in pace le sue fatiche, era in Roma Raffaello da Urbino; e tutto il giorno gli venivano intorno molti forestieri, e fra gli altri molti gentiluomini bolognesi, per vedere l’opere di