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ANDREA VERROC. 481

VITA DI ANDREA VERROCCHIO PITTORE, SCULTORE ET ARCHITETTO

Andrea del Verrocchio, fiorentino, fu ne’ tempi suoi orefice, prospettivo, scultore, intagliatore, pittore e musico; ma invero ne l’arte della scultura e pittura ebbe la maniera alquanto dura e crudetta; come quello che con infinito studio se la guadagnò, più che col benefizio o facilità della natura; la qual facilità se ben li fussi tanto mancata, quanto gli avanzò studio e diligenza, sarebbe stato in queste arti eccellentissimo, le quali a una somma perfezione vorrebbono congiunto studio e natura; e dove l’un de’ due manca rade volte si perviene al colmo, se ben lo studio ne porta seco la maggior parte; il quale perchè fu in Andrea, quanto in alcuno altro mai grandissimo, si mette fra i rari et eccellenti artefici dell’arte nostra. Questi in giovanezza attese alle scienze, particularmente alla geometria. Furono fatti da lui, mentre attese all’orefice, oltre a molte altre cose, alcuni bottoni da piviali che sono in S. Maria del Fiore di Firenze; e di grosserie particolarmente una tazza, la forma della quale, piena d’animali, di fogliami e d’altre bizzarrie, va attorno et è da tutti gl’orefici conosciuta, et un’altra parimente dove è un ballo di puttini molto bello. Per le quali opere avendo dato saggio di sè, gli fu dato a fare dall’arte de’ Mercatanti due storie d’argento nelle teste dell’altare di S. Giovanni, delle quali, messe che furono in opera, acquistò lode e nome grandissimo. Mancavano in questo tempo in Roma alcuni di quegli Apostoli grandi, che ordinariamente solevano stare in sull’altare della cappella del papa con alcune altre argenterie state disfatte; per il che, mandato per Andrea, gli fu con gran favore da papa Sisto dato a fare tutto quello che in ciò bisognava; et egli il tutto condusse con molta diligenza e giudizio a perfezzione. Intanto vedendo Andrea che delle molte statue antiche et altre cose che si trovavano in Roma, si faceva grandissima stima, e che fu fatto porre quel cavallo di bronzo dal papa a S. Ianni Laterano e che de’ fragmenti, non che delle cose intere che ogni dì si trovavano, si faceva conto, deliberò d’attendere alla scultura. E così abandonato in tutto l’orefice, si mise a gettare di bronzo alcune figurette che gli furono molto lodate. Laonde preso maggiore animo, si mise a lavorare di marmo; onde essendo morta sopra parto in que’ giorni la moglier di Francesco Tornabuoni, il marito che molto amata l’aveva, e, morta, voleva quanto poteva il più onorarla, diede a fare la sepoltura ad Andrea, il quale sopra una cassa di marmo intagliò in una lapida la donna, il partorire et il passare all’altra vita; et appresso in tre figure fece tre virtù, che furono tenute molto belle, per la prima opera che di marmo avesse lavorato; la quale sepoltura fu posta nella Minerva. Ritornato poi a Firenze con danari, fama et onore, gli fu fatto fare di bronzo un Davit di braccia due e mezzo, il quale finito, fu posto in palazzo al sommo della scala dove stava la catena, con sua molta lode. Mentre che egli conduceva la detta statua, fece ancora quella Nostra Donna di marmo che è sopra la sepoltura di Messer Lionardo Bruni aretino, in S. Croce, la quale lavorò, essendo ancora assai giovane, per Bernardo Rossellini architetto e scultore, il quale condusse di marmo, come si è detto, tutta