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ANT. POLLAIUOLO 469

furono ritratti ambidue in due tondi di marmo con questo epitaffio:

Antonius Pullarius, patria Florentinus, pictor insignis, qui duorum Pontificum Xisti et Innocentii aerea monimenta miro opificio expressit. Re familiari composita ex testamento. Hic secum Petro fratre condi voluit. Vixit annos LXXII. Obiit anno Salvatoris MIID.

Il medesimo fece di basso rilievo in metallo una battaglia di nudi che andò in Ispagna, molto bella, della quale n’è una impronta di gesso in Firenze appresso tutti gl’artefici. E si trovò dopo la morte sua il disegno e modello che a Lodovico Sforza egli aveva fatto per la statua a cavallo di Francesco Sforza duca di Milano, il quale disegno è nel nostro libro in due modi: in uno egli ha sotto Verona, nell’altro egli, tutto armato e sopra un basamento pieno di battaglie, fa saltare il cavallo addosso a un armato. Ma la cagione perchè non mettesse questi disegni in opera, non ho già potuto sapere. Fece il medesimo alcune medaglie bellissime, e fra l’altre in una la congiura de’ Pazzi, nella quale sono le teste di Lorenzo e Giuliano de’ Medici, e nel riverso il coro di S. Maria del Fiore e tutto il caso come passò appunto. Similmente fece le medaglie d’alcuni pontefici et altre molte cose che sono dagli artefici conosciute. Aveva Antonio quando morì anni LXXII e Pietro anni LXV. Lasciò molti discepoli, e fra gli altri Andrea Sansovino. Ebbe nel tempo suo felicissima vita, trovando pontefici ricchi e la sua città in colmo, che si dilettava di virtù; per che molto fu stimato, dove se forse avesse avuto contrari i tempi non avrebbe fatto que’ frutti che e’ fece, essendo inimici molto i travagli alle scienze, delle quali gli uomini fanno professione e prendono diletto. Col disegno di costui furono fatte per S. Giovanni di Fiorenza due tonicelle et una pianeta e piviale di broccato, riccio sopra riccio, tessuti tutti d’un pezzo, senza alcuna cucitura; e per fregi et ornamenti di quelle, furono ricamate le storie della vita di S. Giovanni, con sottilissimo magisterio et arte da Paulo da Verona, divino in quella professione e sopra ogni altro ingegno rarissimo; dal quale non furono condotte manco bene le figure con l’ago, che se le avesse dipinte Antonio col penello: di che si debbe avere obligo non mediocre alla virtù dell’uno nel disegno, et alla pazienza dell’altro nel ricamare. Durò a condursi questa opera anni XXVI, e di questi ricami fatti col punto serrato, che oltre all’esser più durabili appare una propria pittura di penello, n’è quasi smarito il buon modo, usandosi oggi il punteggiare più largo, che è manco durabile e men vago a vedere.