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GIOVANNI BELLINO 431

vi fece il guardiano detto, che la ripiglia. Nella qual opera invero fu grandissima la fatica e diligenza di Gentile, considerandosi l’infinità delle figure, i molti ritratti di naturale, il diminuire delle figure che sono lontane et i ritratti particolarmente di quasi tutti gl’uomini che allora erano di quella scuola o vero Compagnia; et in ultimo vi è fatto, con molte belle considerazioni, quando si ripone la detta croce. Le quali tutte storie, dipinte nei sopra detti quadri di tela, arecarono a Gentile grandissimo nome. Ritiratosi poi affatto Iacopo da sè, e così ciascuno de’ figliuoli, attendeva ciascuno di loro agli studi dell’arte. Ma di Iacopo non farò altra menzione, perchè non essendo state l’opere sue rispetto a quelle de’ figliuoli straordinarie et essendosi non molto dopo che da lui si ritirarono i figliuoli, morto, giudico esser molto meglio ragionare a lungo di Giovanni e Gentile solamente. Non tacerò già che se bene si ritirarono questi fratelli a vivere ciascuno da per sè, che nondimeno si ebbero in tanta reverenza l’un l’altro, et ambidue il padre, che sempre ciascuno di loro celebrando l’altro, si faceva inferiore di meriti; e così modestamente cercavano di sopravanzare l’un l’altro, non meno in bontà e cortesia, che nell’eccellenza dell’arte. Le prime opere di Giovanni furono alcuni ritratti di naturale che piacquero molto, e particolarmente quello del doge Loredano, se bene altri dicono essere stato Giovanni Mozzenigo, fratello di quel Piero che fu doge molto inanzi a esso Loredano. Fece dopo Giovanni una tavola nella chiesa di S. Giovanni, all’altare di S. Caterina da Siena, nella quale, che è assai grande, dipinse la Nostra Donna a sedere col Putto in collo, S. Domenico, S. Ieronimo, S. Caterina, S. Orsola e due altre vergini; et a’ piedi della Nostra Donna fece tre putti ritti, che cantano a un libro, bellissimo. Di sopra fece lo sfondato d’una volta in un casamento che è molto bello; la qual opera fu delle migliori che fusse stata fatta insino allora in Venezia. Nella chiesa di S. Iobbe dipinse il medesimo all’altar di esso Santo, una tavola con molto disegno e bellissimo colorito, nella quale fece in mezzo, a sedere un poco alta, la Nostra Donna col Putto in collo, e S. Iobbe e S. Bastiano nudi; et appresso S. Domenico, S. Francesco, S. Giovanni e S. Agostino, e da basso tre putti che suonano con molta grazia, e questa pittura fu non solo lodata allora che fu vista di nuovo, ma è stata similmente sempre dopo, come cosa bellissima. Da queste lodatissime opere mossi, alcuni gentiluomini cominciarono a ragionare che sarebbe ben fatto, con l’occasione di così rari maestri, fare un ornamento di storie nella sala del gran consiglio, nelle quali si dipignessero le onorate magnificenze della loro maravigliosa città, le grandezze, le cose fatte in guerra, l’imprese et altre cose somiglianti, degne di essere rappresentate in pittura alla memoria di coloro che venisseno; acciò che all’utile e piacere che si trae dalle storie che si leggono, si aggiugnesse trattenimento all’occhio et all’intelletto parimente, nel vedere da dottissima mano fatte l’imagini di tanti illustri signori, e l’opere egregie di tanti gentiluomini, dignissimi d’eterna fama e memoria. A Giovanni dunque e Gentile, che ogni giorno andavano acquistando maggiormente, fu ordinato da chi reggeva che si allogasse quest’opera, e commesso che quanto prima se le desse principio. Ma è da sapere che Antonio Viniziano, come si disse nella vita sua, molto innanzi aveva dato principio a dipignere la medesima sala, e