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424 SECONDA PARTE

loro. Lorenzo Costa ferrarese, essendo da natura inclinato alle cose della pittura e sentendo esser celebre e molto reputato in Toscana fra’ Filippo, Benozzo et altri, se ne venne in Firenze per vedere l’opere loro; e qua arrivato, perchè molto gli piacque la maniera loro, ci si fermò per molti mesi, ingegnandosi quanto potette il più d’imitargli e particolarmente nel ritrarre di naturale; il che così felicemente gli riuscì, che tornato alla patria (se bene ebbe la maniera un poco secca e tagliente) vi fece molto opere lodevoli, come si può vedere nel coro della chiesa di S. Domenico in Ferrara, che è tutto di sua mano dove si conosce la diligenza che egli usò nell’arte, e che egli mise molto studio nelle sue opere. E nella guardaroba del signor Duca di Ferrara si veggiono di mano di costui, in molti quadri, ritratti di naturale che sono benissimo fatti e molto simili al vivo. Similmente per le case de’ gentiluomini sono opere di sua mano tenute in molta venerazione. A Ravenna, nella chiesa di S. Domenico, alla cappella di S. Bastiano, dipinse a olio la tavola, et a fresco alcune storie, che furono molto lodate. Di poi condotto a Bologna dipinse in S. Petronio nella cappella de’ Mariscotti, in una tavola, un S. Bastiano saettato alla colonna, con molte altre figure, la qual opera per cosa lavorata a tempera fu la migliore che insino allora fusse stata fatta in quella città. Fu anco opera sua la tavola di San Ieronimo nella cappella de’ Castelli e parimente quella di San Vincenzio, che è similmente lavorata a tempera, nella cappella de’ Griffoni, la predella della quale fece dipignere a un suo creato, che si portò molto meglio che non fece egli nella tavola, come a suo luogo si dirà. Nella medesima città fece Lorenzo, e nella chiesa medesima alla cappella de’ Rossi, in una tavola, la Nostra Donna, San Iacopo, San Giorgio, San Bastiano e San Girolamo, la quale opera è la migliore e di più dolce maniera di qual si voglia altra che costui facesse già mai. Andato poi Lorenzo al servigio del signor Francesco Gonzaga, marchese di Mantova, gli dipinse nel palazzo di San Sebastiano, in una camera lavorata parte a guazzo e parte a olio, molte storie. In una è la marchesa Isabella ritratta di naturale, che ha seco molte signore, che con varii suoni cantando fanno dolce armonia; in un’altra è la dea Latona, che converte, secondo la favola, certi villani in ranocchi; nella terza è il marchese Francesco, condotto da Ercole per la via della virtù sopra la cima d’un monte consecrato all’eternità; in un altro quadro si vede il medesimo Marchese sopra un piedistallo, trionfante con un bastone in mano, et intorno gli sono molti signori e servitori suoi con stendardi in mano, tutti lietissimi e pieni di giubilo per la grandezza di lui, fra i quali tutti è un infinito numero di ritratti di naturale. Dipinse ancora nella sala grande, dove oggi sono i trionfi di mano del Mantegna, due quadri, cioè in ciascuna testa uno. Nel primo, che è a guazzo, sono molti nudi che fanno fuochi e sacrifizii a Ercole, et in questo è ritratto di naturale il Marchese, con tre suoi figliuoli, Federigo, Ercole e Ferrante, che poi sono stati grandissimi et illustrissimi signori; vi sono similmente alcuni ritratti di gran donne. Nell’altra, che fu fatto a olio molti anni dopo il primo, e che fu quasi dell’ultime cose che dipignesse Lorenzo, è il marchese Federigo fatto uomo, con un bastone in mano, come generale di Santa Chiesa sotto Leone Decimo; et intorno gli sono molti signori ritratti dal Costa di naturale. In Bologna, nel palazzo di Messer Giovanni Bentivogli, dipinse il medesimo, a concorrenza di molti