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408 SECONDA PARTE

Sono in tutta questa opera sparsi infiniti ritratti di naturale, ma perchè di tutti non si ha cognizione, dirò quelli solamente che io vi ho conosciuti di importanza, e quelli di che ho per qualche ricordo cognizione. Nella storia dunque dove la reina Saba va a Salamone è ritratto Marsilio Ficino fra certi prelati, l’Argiropolo dottissimo greco e Battista Platina, il quale aveva prima ritratto in Roma, et egli stesso sopra un cavallo, nella figura d’un vecchiotto raso con una beretta nera, che ha nella piega una carta bianca, forse per segno o perchè ebbe volontà di scrivervi dentro il nome suo. Nella medesima città di Pisa, alle monache di San Benedetto a ripa d’Arno, dipinse tutte le storie della vita di quel santo; e nella Compagnia de’ Fiorentini, che allora era dove è oggi il monasterio di San Vito, similmente la tavola e molte altre pitture, nel Duomo dietro alla sedia dell’arcivescovo in una tavoletta a tempera dipinse un San Tommaso d’Aquino, con infinito numero di dotti, che disputano sopra l’opere sue, e fra gl’altri vi è ritratto papa Sisto IIII con un numero di cardinali, e molti capi e generali di diversi Ordini. E questa è la più finita e meglio opera che facesse mai Benozzo. In Santa Caterina de’ frati predicatori, nella medesima città, fece due tavole a tempera, che benissimo si conoscono alla maniera; e nella chiesa di San Nicola ne fece similmente un’altra, e due in Santa Croce fuor di Pisa. Lavorò anco quando era giovanetto, nella Pieve di San Gimignano l’altare di San Bastiano nel mezzo della chiesa riscontro alla cappella maggiore, e nella sala del consiglio sono alcune figure, parte di sua mano e parte da lui, essendo vecchie, restaurate. Ai monaci di Monte Oliveto nella medesima terra, fece un Crucifisso et altre pitture, ma la migliore opera che in quel luogo facesse, fu in San Agostino nella cappella maggiore a fresco storie di Sant’Agostino, cioè dalla conversione insino alla morte; la quale opera ho tutta disegnata di sua mano nel nostro libro, insieme con molte carte delle storie sopra dette di Camposanto di Pisa. In Volterra ancora fece alcune opere, delle quali non accade far menzione. E perchè quando Benozzo lavorò in Roma vi era un altro dipintore, chiamato Melozzo, il quale fu da Furlì, molti che non sanno più che tanto, avendo trovato scritto Melozzo, e riscontrato i tempi, hanno creduto che quel Melozzo voglia dir Benozzo; ma sono in errore, perchè il detto pittore fu ne’ medesimi tempi e fu molto studioso delle cose dell’arte, e particolarmente mise molto studio e diligenza in fare gli scorti, come si può vedere in S. Apostolo di Roma nella tribuna dell’altar maggiore, dove in un fregio tirato in prospettiva, per ornamento di quell’opera sono alcune figure che colgono uve et una botte, che hanno molto del buono. Ma ciò si vede più apertamente nell’Ascensione di Gesù Cristo in un coro d’Angeli che lo conducono in cielo, dove la figura di Cristo scorta tanto bene, che pare che buchi quella volta; et il simile fanno gl’Angeli, che con diversi movimenti girano per lo campo di quell’aria. Parimente gl’Apostoli che sono in terra scortano in diverse attitudini tanto bene, che ne fu allora et ancora è lodato dagl’artefici che molto hanno imparato dalle fatiche di costui, il quale fu grandissimo prospettivo, come ne dimostrano i casamenti dipinti in questa opera, la quale gli fu fatta fare dal cardinale Riario, nipote di papa Sisto Quarto, dal quale fu molto rimunerato. Ma tornando a Benozzo, consumato finalmente dagl’