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ANDREA DAL CASTAGNO 395

ma nè animali ancora, nè degni di vivere. Conciò sia che quanto la emulazione e la concorrenza, che virtuosamente operando cerca vincere e soverchiare i da più di sè per acquistarsi gloria et onore, è cosa lodevole e da essere tenuta in pregio come necessaria ed utile al mondo, tanto per l’opposito, e molto più, merita biasimo e vituperio la sceleratissima invidia, che non sopportando onore o pregio in altrui si dispone a privar di vita chi ella non può spogliare de la gloria, come fece lo sciaurato Andrea dal Castagno, la pittura e disegno del quale fu per il vero eccellente e grande, ma molto maggiore il rancore e la invidia che e’ portava agli altri pittori, di maniera che con le tenebre del peccato sotterrò e nascose lo splendor della sua virtù. Costui per esser nato in una piccola villetta detta il Castagno, nel Mugello, contado di Firenze, se la prese per suo cognome quando venne a stare in Fiorenza; il che successe in questa maniera; essendo egli nella prima sua fanciullezza rimaso senza padre, fu raccolto da un suo zio che lo tenne molti anni a guardare gli armenti, per vederlo pronto e svegliato e tanto terribile, che sapeva far riguardare non solamente le sue bestiuole, ma le pasture et ogni altra cosa che attenesse al suo interesse. Continuando, adunque, in tale esercizio, avvenne che fuggendo un giorno la pioggia, si abbattè a caso in un luogo, dove uno di questi dipintori di contado che lavorano a poco pregio dipigneva un tabernacolo d’un contadino, onde Andrea, che mai più non aveva veduta simil cosa, assalito da una sùbita maraviglia, cominciò attentissimamente a guardare e considerare la maniera di tale lavoro. E gli venne subito un desiderio grandissimo et una voglia sì spasimata di quell’arte, che senza mettere tempo in mezzo, cominciò per le mure e su per le pietre co’ carboni o con la punta del coltello, a sgraffiare et a disegnare animali e figure, sì fattamente che e’ moveva non piccola maraviglia in chi le vedeva. Cominciò dunque a correr la fama tra’ contadini, di questo nuovo studio di Andrea onde, pervenendo (come volle la sua ventura) questa cosa agli orecchi d’un gentiluomo fiorentino, chiamato Bernardetto de’ Medici, che quivi aveva sue possessioni, volle conoscere questo fanciullo; e vedutolo finalmente et uditolo ragionare con molta prontezza, lo dimandò se egli farebbe volentieri l’arte del dipintore; e rispondendoli Andrea che e’ non potrebbe avvenirli cosa più grata, nè che quanto questa mai gli piacesse, a cagione che e’ venisse perfetto in quella, ne lo menò con seco a Fiorenza, e con uno di que’ maestri che erano allora tenuti migliori, lo acconciò a lavorare. Per il che seguendo Andrea l’arte della pittura, et agli studii di quella datosi tutto, mostrò grandissima intelligenza nelle difficultà dell’arte, e massimamente nel disegno. Non fece già così poi nel colorire le sue opere, le quali facendo alquanto crudette et aspre, diminuì gran parte della bontà e grazia di quelle, e massimamente una certa vaghezza che nel suo colorito non si ritruova. Era gagliardissimo nelle movenze delle figure e terribile nelle teste de’ maschi e delle femmine, faccendo gravi gli aspetti loro e con buon disegno. Le opere di man sua furono da lui dipinte, nel principio della sua giovanezza, nel chiostro di San Miniato al Monte, quando si scende di chiesa per andare in convento, di colori a fresco, una storia di San Miniato e San Cresci, quando dal padre e dalla