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390 SECONDA PARTE

vecchio di Perugia, che poi è stata posta all’altar maggiore, una tavola, dentrovi la Nostra Donna, S. Piero, S. Paulo, S. Lodovico e S. Antonio abbate. Messer Alessandro degl’Alessandri, allora cavaliere et amico suo, gli fece fare per la sua chiesa di Villa a Vincigliata nel poggio di Fiesole, in una tavola, un S. Lorenzo et altri Santi, ritraendovi lui e dua suoi figliuoli. Fu fra’ Filippo molto amico delle persone allegre e sempre lietamente visse. A fra’ Diamante fece imparare l’arte della pittura, il quale nel Carmino di Prato lavorò molte pitture, e della maniera sua imitandola, assai si fece onore, perchè e’ venne a ottima perfezzione. Stette con fra’ Filippo in sua gioventù Sandro Boticello, Pisello, Iacopo del Sellaio fiorentino, che in S. Friano fece due tavole et una nel Carmino lavorata a tempera, et infiniti altri maestri ai quali sempre con amorevolezza insegnò l’arte. De le fatiche sue visse onoratamente, e straordinariamente spese nelle cose d’amore; delle quali del continuo, mentre che visse, fino a la morte si dilettò. Fu richiesto, per via di Cosimo de’ Medici, dalla comunità di Spoleti di fare la cappella nella chiesa principale della Nostra Donna, la quale lavorando insieme con fra’ Diamante condusse a bonissimo termine, ma sopravenuto dalla morte non la potette finire. Perciò che dicono che essendo egli tanto inclinato a questi suoi beati amori, alcuni parenti della donna da lui amata lo fecero avvelenare. Finì il corso della vita sua fra’ Filippo di età d’anni 57 nel 1438, et a fra’ Diamante lasciò in governo per testamento Filippo suo figliuolo, il quale, fanciullo di dieci anni, imparando l’arte da fra’ Diamante, seco se ne tornò a Fiorenza, portandosene fra’ Diamante 300 ducati che per l’opera fatta si restavano ad avere da le comunità, de’ quali comperati alcuni beni per sè proprio, poca parte fece al fanciullo. Fu acconcio Filippo con Sandro Botticello, tenuto allora maestro bonissimo; et il vecchio fu sotterrato in un sepolcro di marmo rosso e bianco, fatto porre dagli Spoletini nella chiesa che e’ dipigneva. Dolse la morte sua a molti amici et a Cosimo de’ Medici particolarmente et a papa Eugenio, il quale in vita sua volle dispensarlo, che potesse avere per sua donna legitima la Lucrezia di Francesco Buti, la quale per potere far di sè e dell’appetito suo come gli paresse, non si volse curare d’avere. Mentre che Sisto IIII viveva, Lorenzo de’ Medici, fatto ambasciator da’ Fiorentini, fece la via di Spoleti, per chiedere a quella comunità il corpo di fra’ Filippo per metterlo in S. Maria del Fiore in Fiorenza; ma gli fu risposto da loro che essi avevano carestia d’ornamento, e massimamente d’uomini eccellenti, per che per onorarsi gliel domandarono in grazia, aggiugnendo che avendo in Fiorenza infiniti uomini famosi, e quasi di superchio, che e’ volesse fare senza questo, e così non l’ebbe altrimenti. Bene è vero che deliberatosi poi di onorarlo in quel miglior modo ch’e’ poteva, mandò Filippino suo figliuolo a Roma al cardinale di Napoli, per fargli una cappella. Il quale passando da Spoleti, per commessione di Lorenzo, fece fargli una sepoltura di marmo sotto l’organo e sopra la sagrestia, dove spese cento ducati d’oro, i quali pagò Nofri Tornaboni maestro del banco de’ Medici, e da Messer Agnolo Poliziano gli fece fare il presente epigramma, intagliato in detta sepoltura di lettere antiche:

Conditus hic ego sum picturae fama Philippus;