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FRA FILIPPO 389

zelo e tanto fervore, che egli è cosa difficile ad imaginarlo nonchè ad esprimerlo, e nei volti e nelle varie attitudini di essi Giudei l’odio, lo sdegno e la collera del vedersi vinto da lui; sì come più apertamente ancora fece apparire la bestialità e la rabbia in coloro che l’uccidono con le pietre, avendole afferrate chi grandi e chi piccole, con uno strignere di denti orribile, e con gesti tutti crudeli e rabbiosi. E nientedimeno, infra sì terribile assalto, S. Stefano sicurissimo e col viso levato al cielo, si dimostra con grandissima carità e fervore supplicare a l’Eterno Padre, per quegli stessi che lo uccidono. Considerazioni certo bellissime e da far conoscere altrui quanto vaglia la invenzione et il saper esprimer gl’affetti nelle pitture. Il che sì bene osservò costui, che in coloro che sotterrano S. Stefano fece attitudini sì dolenti et alcune teste sì afflitte e dirotte nel pianto, che non è a pena possibile di guardarle senza commuoversi. Da l’altra banda fece la natività, la predica, il battesimo, la cena d’Erode, e la decollazione di S. Giovanni Batista, dove nella faccia di lui predicante, si conosce il divino spirito, e nelle turbe che ascoltano, i diversi movimenti e l’allegrezza e l’afflizione, così nelle donne come negli uomini, astratti e sospesi tutti negli ammaestramenti di S. Giovanni. Nel battesimo si riconosce la bellezza e la bontà; e nella cena di Erode, la maestà del convito, la destrezza di Erodiana, lo stupore de’ convitati e lo attristamento fuori di maniera nel presentarsi la testa tagliata dentro al bacino. Veggonsi intorno al convito infinite figure con molto belle attitudini e ben condotte, e di panni e di arie di visi, tra i quali ritrasse allo specchio se stesso vestito di nero in abito da prelato, et il suo discepolo fra’ Diamante dove si piange S. Stefano. Et invero questa opera fu la più eccellente di tutte le cose sue, sì per le considerazioni dette di sopra, e sì per aver fatto le figure alquanto maggiori che il vivo; il che dette animo a chi venne dopo lui di ringrandire la maniera. Fu tanto per le sue buone qualità stimato, che molte cose che di biasimo erano alla vita sua, furono ricoperte mediante il grado di tanta virtù. Ritrasse in questa opera Messer Carlo figlio naturale di Cosimo de’ Medici, il quale era allora proposto di quella chiesa, la quale fu da lui e dalla sua casa molto beneficata. Finita che ebbe quest’opera l’anno 1463, dipinse a tempera una tavola per la chiesa di S. Iacopo di Pistoia, dentrovi una Nunziata molto bella per Messer Iacopo Bellucci, il qual vi ritrasse di naturale molto vivamente. In casa di Pulidoro Bracciolini è in un quadro una Natività di Nostra Donna di sua mano; e nel magistrato degl’Otto di Firenze è, in un mezzo tondo dipinto a tempera, una Nostra Donna col Figliuolo in braccio. In casa Lodovico Caponi in un altro quadro una Nostra Donna bellissima; et appresso di Bernardo Vecchietto gentiluomo fiorentino, e tanto virtuoso e da bene quanto più non saperei dire, è di mano del medesimo in un quadretto piccolo un S. Agostino che studia, bellissimo. Ma molto meglio è un S. Ieronimo in penitenzia, della medesima grandezza in guardaroba del duca Cosimo. E se fra’ Filippo fu raro in tutte le sue pitture, nelle piccole superò se stesso, perchè le fece tanto graziose e belle, che non si può far meglio, come si può vedere nelle predelle di tutte le tavole che fece. Insomma fu egli tale che ne’ tempi suoi niuno lo trapassò, e ne’ nostri, pochi; e Michelagnolo l’ha non pur celebrato sempre, ma imitato in molte cose. Fece ancora per la chiesa di S. Domenico