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LAZARO VASARI 373

da molte. In una è una Nostra Donna molto bella, e nell’altra (la quale è di gran lunga migliore) è una Resurrezione di Cristo, che ha dinanzi al sepolcro un armato in iscorto, che per essere la finestra piccola, e per conseguente la pittura, è maraviglia come in sì poco spazio possono apparire quelle figure così grandi. Molte altre cose potrei dire di Lazzaro, il quale disegnò benissimo, come si può vedere in alcune carte del nostro libro, ma perchè così mi par ben fatto, le tacerò. Fu Lazzaro persona piacevole et argutissimo nel parlare; et ancora che fusse molto dedito ai piaceri, non però si partì mai dalla vita onesta. Visse ancora 72, e lasciò Giorgio suo figliuolo, il quale attese continuamente all’antiquità de’ vasi di terra aretini; e nel tempo che in Arezzo dimorava Messer Gentile urbinate, vescovo di quella città, ritrovò i modi del colore rosso e nero de’ vasi di terra che insino al tempo del re Porsena i vecchi aretini lavorarono. Et egli, che industriosa persona era, fece vasi grandi al torno d’altezza d’un braccio e mezzo, i quali in casa sua si veggiono ancora. Dicono che, cercando egli di vasi in un luogo, dove pensava che gl’antichi avessero lavorato, trovò in un campo di terra al Ponte alla Calciarella, luogo così chiamato, sotto terra tre braccia, tre archi delle fornaci antiche, et intorno a essi di quella mistura e molti vasi rotti; degl’interi quattro, i quali, andando in Arezzo il Magnifico Lorenzo de’ Medici, da Giorgio per introduzzione del vescovo gl’ebbe in dono; onde furono cagione e principio della servitù che con quella felicissima casa poi sempre tenne. Lavorò Giorgio benissimo di rilievo, come si può vedere in casa sua in alcune teste di sua mano. Ebbe cinque figliuoli maschi, i quali tutti fecero l’esercizio medesimo, e tra loro furono buoni artefici Lazzaro e Bernardo, che giovinetto morì a Roma; e certo se la morte non lo rapiva così tosto alla casa sua, per l’ingegno che destro e pronto si vide in lui, egli avrebbe accresciuto onore alla patria sua. Morì Lazzaro vecchio nel 1452 e Giorgio suo figliuolo, essendo di 68 anni, nel 1484, e furono sepolti amendue nella Pieve d’Arezzo, appiè della cappella loro di S. Giorgio, dove in lode di Lazzaro furono col tempo appiccati questi versi:

Aretii exultet tellus clarissima: namque est rebus in angustis in tenuique labor. Vix operum istius partes cognoscere possis, Myrmecides taceat: Callicrates sileat.

Finalmente Giorgio Vasari ultimo, scrittore della presente storia, come grato de’ benefizii che riconosce in gran parte dalla virtù de’ suoi maggiori, avendo, come si disse nella vita di Piero Laurati, dai suoi cittadini e dagl’Operai e canonici, ricevuto in dono la cappella maggiore di detta Pieve, e quella ridotta nel termine che si è detto, ha fatto nel mezzo del coro, che è dietro all’altare, una nuova sepoltura; et in quella, trattole donde prima erano, fatto riporre l’ossa di detti Lazzaro e Giorgio vecchi, e quelle parimente di tutti gl’altri che sono stati di detta famiglia, così femine come maschi, e così fatto nuovo sepolcro a tutti i discendenti della casa de’ Vasari; il corpo similmente della madre, che morì in Firenze l’anno 1557, stato in deposito alcuni