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372 SECONDA PARTE

parte de’ suoi fratelli; i quali, attendendo alle misture de’ vasi di terra, abitavano in Cortona. Tirossi parimente in casa Luca Signorelli da Cortona, suo nipote, nato d’una sua sorella, il quale, essendo di buono ingegno, acconciò con Pietro borghese acciò imparasse l’arte della pittura, il che benissimo gli riuscì, come al suo luogo si dirà. Lazzaro dunque attendendo a studiare continuamente le cose dell’arte, si fece ogni giorno più eccellente, come ne dimostrano alcuni disegni di sua mano, molto buoni, che sono nel nostro libro. E perchè molto si compiaceva in certe cose naturali e piene d’affetti, nelle quali esprimeva benissimo il piagnere, il ridere, il gridare, la paura, il tremito e certe simili cose, per lo più le sue pitture son piene d’invenzioni così fatte; come si può vedere in una cappellina dipinta a fresco di sua mano in San Gimignano d’Arezzo, nella qual è un Crucifisso, la Nostra Donna, San Giovanni e la Maddalena a’ piè della croce, che in varie attitudini piangono così vivamente, che gl’acquistarono credito e nome fra i suoi cittadini. Dipinse in sul drappo, per la Compagnia di Santo Antonio della medesima città, un gonfalone che si porta a processione, nel quale fece Gesù Cristo alla colonna, nudo e legato, con tanta vivacità che par che tremi, e che tutto ristretto nelle spalle sofferisca con incredibile umilità e pazienza le percosse che due giudei gli dànno; de’ quali uno, recatosi in piedi, gira con ambe le mani, voltando le spalle verso Gesù Cristo in atto crudelissimo; l’altro in profilo et in punta di piè s’alza, e strignendo con le mani la sferza e digrignando i denti, mena con tanta rabbia, che più non si può dire. A questi due dipinse Lazzaro le vestimenta stracciate, per meglio dimostrare l’ignudo, bastandogli in un certo modo ricoprire le vergogne loro e le meno oneste parti. Questa opera, essendo durata in sul drappo (di che certo mi maraviglio) tanti anni et insino a oggi, fu, per la sua bellezza e bontà, fatta ritrarre dagl’uomini di quella Compagnia dal Priore franzese, come al suo luogo ragioneremo. Lavorò ancor Lazzaro a Perugia nella chiesa de’ Servi in una capella a canto alla sagrestia, alcune storie della Nostra Donna et un Crucifisso; e nella Pieve di Monte Pulciano una predella di figure piccole. In Castiglione Aretino una tavola a tempera in S. Francesco et altre molte cose, che per non esser lungo non accade raccontare; e particolarmente di figure piccole molti cassoni, che sono per le case de’ cittadini. E nella Parte Guelfa di Fiorenza si vede fra gl’armamenti vecchi alcune barde fatte da lui, molto ben lavorate. Fece ancora per la Compagnia di S. Bastiano, in un gonfalone, il detto Santo alla colonna, e certi Angeli che lo coronano, ma oggi è guasto e tutto consumato dal tempo. Lavorava in Arezzo, ne’ tempi di Lazzaro, finestre di vetro Fabiano Sassoli aretino, giovane in quello esercizio di molta intelligenza, come ne fanno fede l’opere che sono di suo nel Vescovado, Badia, Pieve et altri luoghi di quella città; ma non aveva molto disegno e non aggiugneva a gran pezzo a quelle che Parri Spinelli faceva; perchè deliberando, sì come ben sapeva cuocere i vetri, commettergli et armargli, così voler fare qualche opera che fusse anco di ragionevole pittura, si fece fare a Lazzaro due cartoni a sua fantasia, per fare due finestre alla Madonna delle Grazie. E ciò avendo ottenuto da Lazzaro, che amico suo e cortese artefice era, fece le dette finestre e le condusse di maniera belle e ben fatte, che non hanno da vergognarsi