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LAZARO VASARI 371


VITA DI LAZZARO VASARI ARETINO PITTORE

Grande è veramente il piacere di coloro che truovano qualcuno de’ suoi maggiori e della propria famiglia esser stato, in una qualche professione o d’arme o di lettere o di pittura o qualsivoglia altro nobile esercizio, singolare e famoso. E quegl’uomini, che nell’istorie trovano esser fatta onorata menzione d’alcuno de’ suoi passati, hanno pure, se non altro, uno stimolo alla virtù et un freno che gli ratiene dal non fare cosa indegna di quella famiglia che ha avuto uomini illustri e chiarissimi. Ma quanto sia il piacere, come dissi da principio, lo pruovo in me stesso, avendo trovato fra i miei passati Lazzaro Vasari essere stato pittore famoso ne’ tempi suoi, non solamente nella sua patria, ma in tutta Toscana ancora. E ciò non certo senza cagione, come potrei mostrar chiaramente, se, come ho fatto degl’altri, mi fusse lecito parlare liberamente di lui. Ma perchè, essendo io nato del sangue suo, si potrebbe agevolmente credere che io in lodandolo passassi i termini, lasciando da parte i meriti suoi e della famiglia, dirò semplicemente quello che io non posso e non debbo in niun modo tacere, non volendo mancare al vero, donde tutta pende l’istoria. Fu dunque Lazzaro Vasari pittor aretino amicissimo di Piero della Francesca dal Borgo a San Sepolcro, e sempre praticò con esso lui, mentre egli lavorò, come si è detto, in Arezzo; nè gli fu cotale amicizia, come spesso adiviene, se non di giovamento cagione; perciò che, dove prima Lazzaro attendeva solamente a far figure piccole per alcune cose, secondo che allora si costumava, si diede a far cose maggiori, mediante Piero della Francesca. E la prima opera in fresco fu in San Domenico d’Arezzo, nella seconda cappella a man manca, entrando in chiesa, un San Vincenzio, a’ piè del quale dipinse inginocchioni sè e Giorgio suo figliuolo giovanetto, in abiti onorati di que’ tempi, che si raccomandano a quel Santo, essendosi il giovane con un coltello inavertentemente percosso il viso; nella quale opera, se bene non è alcuna inscrizione, alcuni ricordi nondimeno de’ vecchi di casa nostra, e l’arme che vi è de’ Vasari, fanno che così si crede fermamente. Di ciò sarebbe senza dubbio stato in quel convento memoria, ma perchè molte volte per i soldati sono andate male le scritture et ogni altra cosa, non me ne maraviglio. Fu la maniera di Lazzaro tanto simile a quella di Pietro borghese, che pochissima differenza fra l’una e l’altra si conosceva. E perchè nel suo tempo si costumava assai dipignere nelle barde de’ cavalli varii lavori e partimenti d’imprese, secondo che coloro erano che le portavano, fu in ciò Lazzero bonissimo maestro, e massimamente essendo suo proprio far figurine piccole con molta grazia, le quali in cotali arnesi molto bene si accomodavano. Lavorò Lazzaro per Niccolò Piccino e per i suoi soldati e capitani, molte cose piene di storie e d’imprese, che furono tenute in pregio e con tanto suo utile, che furono cagione, mediante il guadagno che ne traeva, che egli ritirò in Arezzo una gran