Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/453


F. GIOVANNI 361

di croce, nel quale mise tanta diligenza che si può, fra le migliori cose che mai facesse, annoverare. In S. Francesco, fuor della porta di S. Miniato, è una Nunziata; et in S. Maria Novella, oltre alle cose dette, dipinse di storie piccole il cero pasquale et alcuni reliquiari, che nelle maggiori solennità si pongono in sull’altare. Nella Badia della medesima città, fece sopra una porta del chiostro un S. Benedetto che accenna silenzio. Fece a’ Linaiuoli una tavola, che è nell’uffizio dell’Arte loro; et in Cortona un archetto sopra la porta della chiesa dell’Ordine suo, e similmente la tavola dell’altar maggiore. In Orvieto cominciò in una volta della capella della Madonna, in Duomo, certi profeti, che poi furono finiti da Luca da Cortona. Per la Compagnia del Tempio di Firenze fece in una tavola un Cristo morto. E nella chiesa de’ monaci degl’Angeli un Paradiso et un Inferno di figure piccole, nel quale con bella osservanza fece i beati bellissimi e pieni di giubilo e di celeste letizia; et i dannati apparecchiati alle pene dell’Inferno in varie guise mestissimi e portanti nel volto impresso il peccato e demerito loro; i beati si veggiono entrare celestemente ballando per la porta del Paradiso, et i dannati dai demonii all’Inferno nell’eterne pene strascinati. Questa opera è in detta chiesa, andando verso l’altar maggiore a man ritta, dove sta il sacerdote, quando si cantano le messe, a sedere. Alle monache di San Piero martire, che oggi stanno nel monasterio di San Felice in piazza, il quale era dell’ordine di Camaldoli, fece in una tavola la Nostra Donna, S. Giovanni Battista, San Domenico, San Tommaso e San Piero martire, con figure piccole assai. Si vede anco nel tramezzo di Santa Maria Nuova una tavola di sua mano. Per questi tanti lavori, essendo chiara per tutta Italia la fama di fra’ Giovanni, papa Nicola Quinto mandò per lui, et in Roma gli fece fare la cappella del palazzo, dove il papa ode la messa, con un Deposto di croce et alcune storie di S. Lorenzo bellissime, e miniar alcuni libri che sono bellissimi. Nella Minerva fece la tavola dell’altar maggiore, et una Nunziata che ora è a canto alla cappella grande, appoggiata a un muro. Fece anco per il detto Papa la cappella del Sagramento in palazzo, che fu poi rovinata da Paulo Terzo per dirizzarvi le scale, nella quale opera, che era eccellente in quella maniera sua, aveva lavorato in fresco alcune storie della vita di Gesù Cristo, e fattovi molti ritratti di naturale, di persone segnalate di que’ tempi, i quali per avventura sarebbono oggi perduti, se il Giovio non avesse fattone ricavar questi per il suo museo: papa Nicola Quinto, Federigo imperatore, che in quel tempo venne in Italia, frate Antonino, che poi fu arcivescovo di Firenze, il Biondo da Furlì e Ferrante d’Aragona. E perchè al Papa parve fra’ Giovanni, sì come era veramente, persona di santissima vita, quieta e modesta, vacando l’arcivescovado in quel tempo di Firenze, l’aveva giudicato degno di quel grado; quando intendendo ciò il detto frate, supplicò a Sua Santità che provedesse d’un altro, perciò che non si sentiva atto a governar popoli, ma che avendo la sua Religione un frate amorevole de’ poveri, dottissimo di governo e timorato di Dio, sarebbe in lui molto meglio quella dignità collocata, che in sè. Il Papa sentendo ciò, e ricordandosi che quello che diceva era vero, gli fece la grazia liberamente; e così fu fatto arcivescovo di Fiorenza frate