Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/446

354 SECONDA PARTE

tempo non sia defraudato dell’onor che si deve alle sue fatiche colui che ha operato; come avvenne a Piero della Francesca dal Borgo a S. Sepolcro. Il quale, essendo stato tenuto maestro raro nelle difficoltà de’ corpi regolari e nell’aritmetica e geometria, non potette, sopragiunto nella vecchiezza dalla cecità corporale e dalla fine della vita, mandare in luce le virtuose fatiche sue et i molti libri scritti da lui, i quali nel Borgo, sua patria, ancora si conservano. Se bene colui che doveva con tutte le forze ingegnarsi di accrescergli gloria e nome, per aver appreso da lui tutto quello che sapeva, come empio e maligno cercò d’annullare il nome di Piero suo precettore, et usurpar quello onore, che a colui solo si doveva, per sè stesso, publicando sotto suo nome proprio, cioè di fra’ Luca dal Borgo, tutte le fatiche di quel buon vecchio, il quale, oltre le scienze dette di sopra, fu eccellente nella pittura. Nacque costui nel Borgo a San Sepolcro, che oggi è città, ma non già allora, e chiamossi dal nome della madre, Della Francesca, per essere ella restata gravida di lui quando il padre e suo marito morì; e per essere da lei stato allevato et aiutato a pervenire al grado che la sua buona sorte gli dava. Attese Pietro nella sua giovenezza alle matematiche; et ancora che d’anni quindici fusse indiritto a essere pittore, non si ritrasse però mai da quelle; anzi facendo maraviglioso frutto et in quelle e nella pittura, fu adoperato da Guidobaldo Feltro, duca vecchio d’Urbino, al quale fece molti quadri di figure piccole, bellissimi, che sono andati in gran parte male, in più volte che quello stato è stato travagliato dalle guerre. Vi si conservarono nondimeno alcuni suoi scritti di cose di geometria e di prospettive, nelle quali non fu inferiore a niuno de’ tempi suoi, nè forse che sia stato in altri tempi già mai, come ne dimostrano tutte l’opere sue piene di prospettive, e particularmente un vaso in modo tirato a quadri e faccie, che si vede dinanzi, di dietro e dagli lati, il fondo e la bocca; il che è certo cosa stupenda, avendo in quello sottilmente tirato ogni minuzia, e fatto scortare il girare di tutti que’ circoli con molta grazia. Laonde, acquistato che si ebbe in quella corte credito e nome, volle farsi conoscere in altri luoghi; onde, andato a Pesero et Ancona, in sul più bello del lavorare fu dal duca Borso chiamato a Ferrara, dove nel palazzo dipinse molte camere, che poi furono rovinate dal duca Ercole vecchio, per ridurre il palazzo alla moderna. Di maniera che in quella città non è rimaso di man di Piero se non una capella in S. Agostino, lavorata in fresco; et anco quella è dalla umidità mal condotta. Dopo, essendo condotto a Roma, per papa Nicola Quinto lavorò in palazzo due storie, nelle camere di sopra, a concorrenza di Bramante da Milano, le quali forono similmente gettate per terra da papa Giulio Secondo, perchè Raffaello da Urbino vi dipignesse la prigionia di S. Piero et il miracolo del corporale di Bolsena, insieme con alcune altre che aveva dipinto Bramantino, pittore eccellente de’ tempi suoi; e perchè di costui non posso scrivere la vita nè l’opere particulari per essere andate male, non mi parrà fatica, poi che viene a proposito, far memoria di costui, il quale nelle dette opere che furono gettate per terra, aveva fatto, secondo che ho sentito ragionare, alcune teste di naturale sì belle e sì ben condotte, che la sola parola mancava a dar loro la vita. Delle quali teste ne sono assai venute in luce, perchè Raffaello da Urbino