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342 SECONDA PARTE

bieche), ma che ancora andasse pensando se quel palazzo si potesse, senza guastare quel che era fatto, ridurre di dentro in modo che per tutto si caminasse da una parte all’altra, e dall’un luogo all’altro, per via di scale segrete e publiche, e più piane che si potesse. Giorgio adunque, mentre che le dette stanze cominciate si adornavano di palchi messi d’oro e di storie di pittura a olio, e le facciate di pitture a fresco, et in alcune altre si lavorava di stucchi, levò la pianta di tutto quel palazzo, e nuovo e vecchio, che lo gira intorno. E dopo, dato ordine con non piccola fatica e studio a quanto voleva fare, cominciò a ridurlo a poco a poco in buona forma et a riunire, senza guastare quasi punto di quello che era fatto, le stanze disunite, che prima erano quale alta e quale bassa ne’ piani. Ma perchè il signor Duca vedesse il disegno del tutto, in spazio di sei mesi ebbe condotto un modello di legname ben misurato, di tutta quella machina che più tosto ha forma e grandezza di castello che di palazzo. Il quale modello essendo piacciuto al Duca, si è secondo quello unito e fatto molte commode stanze e scale agiate publiche e segrete, che rispondono in su tutti i piani; e per cotal modo rendute libere le sale che erano come una publica strada, non si potendo prima salire di sopra senza passar per mezzo di quelle; et il tutto si è di varie e diverse pitture magnificamente adornato. Et in ultimo si è alzato il tetto della sala grande più di quello che egli era dodici braccia, di maniera che se Arnolfo, Michelozzo e gli altri, che dalla prima pianta in poi vi lavorarono, ritornasseno in vita, non lo riconoscerebbono, anzi crederebbono che fusse, non la loro, ma una nuova muraglia, et un altro edifizio. Ma tornando oggimai a Michelozzo, dico che essendo dato ai frati di S. Domenico da Fiesole la chiesa di S. Giorgio, non vi stettono se non da mezzo luglio in circa insino a tutto gennaio; per che avendo ottenuto per loro Cosimo de’ Medici e Lorenzo suo fratello, da papa Eugenio, la chiesa e convento di S. Marco, dove prima stavano monaci Salvestrini e dato loro in quel cambio San Giorgio detto, ordinarono, come inclinati molto alla religione e al servigio e culto divino, che secondo il disegno e modello di Michelozzo si facesse il detto convento di S. Marco tutto di muovo et amplissimo e magnifico, e con tutte quelle commodità che i detti frati sapessono migliori disiderare. A che dato principio l’anno 1437, la prima cosa si fece quella parte che risponde sopra il reffettorio vecchio, dirimpetto alle spalle del Duca, le quali fece già murare il duca Lorenzo de’ Medici; nel qual luogo furono fatte venti celle, messo il tetto et al reffettorio fatti i fornimenti di legname e finito nella maniera che si sta ancor oggi. E per allora non si seguitò più oltre, per stare a vedere che fine dovesse avere una lite che sopra il detto convento aveva mosso contra i frati di S. Marco, un maestro Stefano, generale di detti Salvestrini. La quale finita in favore de’ detti frati di S. Marco, si ricominciò a seguitare la muraglia; ma perchè la cappella maggiore, stata edificata da ser Pino Bonacorsi, era dopo venuta in una donna de’ Caponsacchi, e da lei a Mariotto Banchi, sbrigata che fu sopra ciò non so che lite, Mariotto donò la detta capella a Cosimo de’ Medici, avendola difesa e tolta ad Agnolo della Casa, al quale l’avevano o data o venduta i detti Salvestrini; e Cosimo all’incontro diede a Mariotto per ciò cinquecento scudi. Dopo, avendo similmente comperato Cosimo dalla Compagnia dello Spirito Santo il sito dove