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332 SECONDA PARTE

da loro aveva imparata. Fece ancora, e fu mandata a Napoli, una sepoltura di marmo per uno arcivescovo, che è in S. Angelo di Seggio di Nido, nella quale son tre figure tonde, che la cassa del morto con la testa sostengono, e nel corpo della cassa è una storia di basso rilievo sì bella, che infinite lode se le convengono. Et in casa del Conte di Matalone, nella città medesima, è una testa di cavallo di mano di Donato tanto bella che molti la credono antica. Lavorò nel castello di Prato il pergamo di marmo dove si mostra la cintola, nello spartimento del quale un ballo di fanciulli intagliò sì belli e sì mirabili che si può dire che non meno mostrasse la perfezzione dell’arte in questo che e’ si facesse nelle altre cose. Di più fece, per reggimento di detta opera, due capitelli di bronzo, uno dei quali vi è ancora, e l’altro dagli Spagnuoli, che quella terra misero a sacco, fu portato via. Avvenne che in quel tempo la Signoria di Vinegia, sentendo la fama sua, mandò per lui acciò che facesse la memoria di Gattamelata nella città di Padova, onde egli vi andò ben volentieri, e fece il cavallo di bronzo che è in sulla piazza di S. Antonio; nel quale si dimostra lo sbuffamento et il fremito del cavallo et il grande animo e la fierezza vivacissimamente espressa dalla arte nella figura che lo cavalca. E dimostrossi Donato tanto mirabile nella grandezza del getto in proporzioni et in bontà, che veramente si può aguagliare a ogni antico artefice, in movenza, disegno, arte, proporzione e diligenza. Perchè non solo fece stupire allora que’ che lo videro, ma ogni persona che al presente lo vede. Per la qual cosa cercarono i Padovani con ogni via di farlo lor cittadino, e con ogni sorte di carezze fermarlo. E per intrattenerlo gli allogarono a la chiesa de’ Frati Minori, nella predella dello altar maggiore, le istorie di S. Antonio da Padova, le quali sono di basso rilievo e talmente con giudicio condotte, che gli uomini eccellenti di quell’arte ne restano maravigliati e stupiti; considerando in esse i belli e variati componimenti, con tanta copia di stravaganti figure e prospettive diminuiti. Similmente nel dossale dello altare, fece bellissime le Marie che piangono il Cristo morto. Et in casa d’un de’ conti Capo di Lista, lavorò una ossatura d’un cavallo di legname che senza collo ancora oggi si vede, nella quale le commettiture sono con tanto ordine fabbricate che chi considera il modo di tale opera giudica il capriccio del suo cervello e la grandezza dello animo di quello. In un monastero di monache fece un S. Sebastiano di legno, a’ preghi d’un capellano loro amico e domestico suo, che era fiorentino; il quale gliene portò uno che elle avevano vecchio e goffo, pregandolo che e’ lo dovesse fare come quello. Per la qual cosa, sforzandosi Donato di imitarlo per contentare il capellano e le monache, non potè far sì che, ancora che quello che goffo era, imitato avesse, non facesse nel suo la bontà e l’artificio usato. In compagnia di questo, molte altre figure di terra e di stucco fece; e di un cantone d’un pezzo di marmo vecchio, che le dette monache in un loro orto avevano, ricavò una molto bella Nostra Donna. E similmente per tutta quella città sono opre di lui infinitissime. Onde, essendo per miracolo quivi tenuto e da ogni intelligente lodato, si deliberò di voler tornare a Fiorenza, dicendo che se più stato vi fosse, tutto quello che sapeva dimenticato s’averebbe, essendovi tanto lodato da ognuno; e che volentieri nella sua patria tornava, per esser poi colà di continuo biasimato; il quale biasmo