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310 SECONDA PARTE

deliberarono a fare allogazione di questa opera o a lui o a uno di que’ forestieri. Per la qual cosa, inanimiti i Consoli e gli Operai e que’ cittadini, si ragunarono tutti insieme, e gli architetti disputarono di questa materia; ma furon, con ragioni assai, tutti abbattuti e vinti da Filippo; dove si dice che nacque la disputa dell’uovo in questa forma: eglino arebbono voluto che Filippo avesse detto l’animo suo minutamente e mostro il suo modello, come avevano mostro essi il loro; il che non volle fare, ma propose questo a’ maestri e forestieri e terrazzani, che chi fermasse in sur un marmo piano un uovo ritto, quello facesse la cupola, che quivi si vedrebbe l’ingegno loro. Tolto dunque un uovo, tutti qu’ maestri si provarono per farlo star ritto, ma nessuno trovò il modo. Onde, essendo detto a Filippo ch’e’ lo fermasse, egli con grazia lo prese e datoli un colpo del culo in sul piano del marmo, lo fece star ritto. Rumoreggiando gl’artefici che similmente arebbono saputo fare essi, rispose loro Filippo ridendo che gli arebbono ancora saputo voltare la cupola, vedendo il modello o il disegno. E così fu risoluto ch’egli avesse carico di condurre questa opera, e dettoli che ne informasse meglio i Consoli e gli Operai. Andatosene dunque a casa, in sur un foglio scrisse l’animo suo più apertamente che poteva per darlo al magistrato in questa forma: "Considerato le difficultà di questa fabbrica, magnifici Signori Operai, trovo che non si può per nessun modo volgerla tonda perfetta, atteso che sarebbe tanto grande il piano di sopra, dove va la lanterna, che mettendovi peso rovinerebbe presto. Però mi pare che quegli architetti che non hanno l’occhio all’eternità della fabrica, non abbino amore alle memorie, nè sappiano per quel che elle si fanno. E però mi risolvo girar di dentro questa volta a spicchi come stanno le facce e darle la misura et il sesto del quarto acuto: perciò che questo è un sesto che girato sempre pigne allo in su, e caricatolo con la lanterna, l’uno con l’altro la farà durabile. E vuole esser grossa, nella mossa da piè braccia tre e tre quarti, et andare piramidalmente strignendosi di fuora per fino dove ella si serra e dove ha a essere la lanterna. E la volta vuole essere congiunta alla grossezza di braccia uno et un quarto; poi farassi dal lato di fuora un’altra volta, che da piè sia grossa braccia due e mezzo, per conservare quella di dentro da l’acqua. La quale anco piramidalmente diminuisca a proporzione, in modo che si congiunga al principio della lanterna, come l’altra, tanto che sia in cima la sua grossezza duoi terzi. Sia per ogni angolo uno sprone, che saranno otto in tutto; et in ogni faccia due, cioè nel mezzo di quella, che vengono a essere sedici; e dalla parte di dentro e di fuori nel mezzo di detti angoli, in ciascheduna faccia, siano due sproni, ciascuno grosso da piè braccia quattro. E lunghe vadino insieme le dette due volte, piramidalmente murate, insino alla sommità dell’occhio chiuso dalla lanterna, per eguale proporzione. Facciansi poi ventiquattro sproni con le dette volte murati intorno, e sei archi di macigni forti e lunghi, bene sprangati di ferri, i quali sieno stagnati, e sopra detti macigni, catene di ferro, che cinghino la detta volta con loro sproni. Hassi a murare di sodo, senza vano, nel principio l’altezza di braccia cinque et un quarto, e di poi seguitar gli sproni, e si dividino le volte. Il primo e secondo cerchio da piè, sia rinforzato per tutto, con macigni lunghi per il traverso, sì che l’una volta e l’altra della cupola si posi in sui