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FILIPPO BRUN. 309

bene empierla di terra e mescolare quattrini fra essa, acciò che volta, dessino licenzia che chi voleva di quel terreno potessi andare per esso; e così in un subito il popolo lo portasse via senza spesa. Solo Filippo disse che si poteva voltarla senza tanti legni e senza pilastri o terra, con assai minore spesa di tanti archi e facilissimamente senza armadura. Parve a’ Consoli, che stavano ad aspettare quel bel modo, et agli Operai et a tutti que’ cittadini, che Filippo avesse detto una cosa da sciocchi, e se ne feciono beffe ridendosi di lui; e si volsono, e li dissono ch’e’ ragionasse d’altro che quello era un modo da pazzi, come era egli. Perchè, parendo a Filippo di essere offeso, disse: "Signori, considerate che non è possibile volgerla in altra maniera che in questa; e ancora che voi vi ridiate di me, conoscerete (se non volete esser ostinati) non doversi nè potersi far in altro modo. Et è necessario, volendola condurre nel modo ch’io ho pensato, che ella si giri col sesto di quarto acuto, e facciasi doppia, l’una volta di dentro e l’altra di fuori, in modo che fra l’una e l’altra si cammini. Et in su le cantonate degli angoli delle otto facce con le morse di pietra, s’incateni la fabbrica per la grossezza similmente, con catene di legnami di quercia si giri per le facce di quella. Et è necessario pensare a’ lumi, alle scale et ai condotti, dove l’acque nel piovere possino uscire. E nessuno di voi ha pensato che bisogna avvertire che si possa fare i ponti di dentro per fare i musaici et una infinità di cose difficili, ma io, che la veggo volta, conosco che non ci è altro modo nè altra via da potere volgerla che questa ch’io ragiono". E riscaldato nel dire, quanto e’ cercava facilitare il concetto suo, acciò che eglino lo intendessino e credessino, tanto veniva proponendo più dubbii che gli faceva meno credere e tenerlo una bestia et una cicala. Laonde, licenziatolo parecchie volte, et alla fine non volendo partire, fu portato di peso dai donzelli loro fuori dell’udienza, tenendolo del tutto pazzo. Il quale scorno fu cagione che Filippo ebbe a dire poi che non ardiva passare per luogo alcuno della città, temendo non fusse detto: "Vedi colà quel pazzo". Restati i Consoli nell’udienza confusi, e dai modi de’ primi maestri, difficili, e da l’ultimo di Filippo, a loro sciocco, parendo loro come e’ confondesse quell’opera con due cose: l’una era il farla doppia, che sarebbe stato pur grandissimo e sconcio peso; l’altra il farla senza armadura. Da l’altra parte Filippo, che tanti anni aveva speso nelli studii per avere questa opera, non sapeva che si fare e fu tentato partirsi di Fiorenza più volte. Pure volendo vincere gli bisognava armarsi di pazienza, avendo egli tanto di vedere, che conosceva i cervelli di quella città non stare molto fermi in un proposito. Averebbe potuto mostrare Filippo un modello piccolo che aveva fatto; ma non volle mostrarlo, avendo conosciuto la poca intelligenza de’ Consoli, l’invidia degli artefici e la poca stabilità de’ cittadini che favorivano chi l’uno e chi l’altro, secondo che più piaceva a ciascuno; et io non me ne maraviglio, facendo in quella città professione ognuno di sapere in questo quanto i maestri esercitati fanno, come che pochi siano quelli che veramente intendono: e ciò sia detto con pace di coloro che sanno. Quello, dunque, che Filippo non aveva potuto fare nel magistrato, cominciò a trattar in disparte, favellando or’a questo Consolo ora a quello Operaio, e similmente a molti cittadini, mostrando parte del suo disegno, gli ridusse che si