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298 SECONDA PARTE

in que’ tempi. E sopra, per finimento di detta tavola, sono in più quadri molti Santi intorno a un Crucifisso.

Credesi che la figura d’un Santo in abito di vescovo, che è in quella chiesa in fresco a lato alla porta che va nel convento, sia di mano di Masaccio, ma io tengo per fermo ch’ella sia di mano di fra Filippo, suo discepolo. Tornato da Pisa, lavorò in Fiorenza una tavola, dentrovi un maschio et una femmina ignudi, quanto il vivo; la quale si truova oggi in casa Palla Rucellai. Appresso, non sentendosi in Fiorenza a suo modo, e stimolato dalla affezione et amore dell’arte, deliberò per imparare e superar gli altri andarsene a Roma, e così fece. E quivi, acquistata fama grandissima, lavorò al cardinale di San Clemente nella chiesa di San Clemente una cappella, dove a fresco fece la Passione di Cristo co’ ladroni in croce e le storie di Santa Caterina Martire. Fece ancora a tempera molte tavole, che ne’ travagli di Roma si son tutte o perse o smarrite: una nella chiesa di Santa Maria Maggiore, in una capelletta vicina alla sagrestia, nella quale sono quattro Santi tanto ben condotti, che paiono di rilievo, e nel mezzo Santa Maria della Neve; et il ritratto di papa Martino di naturale, il quale con una zappa disegna i fondamenti di quella chiesa, et appresso a lui è Sigismondo Secondo imperatore. Considerando questa opera un giorno Michelagnolo et io, egli la lodò molto, e poi soggiunse coloro essere stati vivi ne’ tempi di Masaccio; al quale mentre in Roma lavoravano le facciate della chiesa di Santo Ioanni per Papa Martino, Pisanello e Gentile da Fabriano, n’avevano allogato una parte; quando egli avuto nuove che Cosimo de’ Medici, dal qual era molto aiutato e favorito, era stato richiamato dall’esilio, se ne tornò a Fiorenza. Dove gli fu allogato, essendo morto Masolino da Panicale, che l’aveva cominciata, la capella de’ Brancacci nel Carmine, alla quale, prima che mettesse mano, fece come per saggio il San Paulo che è presso alle corde delle campane, per mostrare il miglioramento che egli aveva fatto nell’arte. E dimostrò veramente infinita bontà in questa pittura; conoscendosi nella testa di quel Santo, il quale è Bartolo di Angiolino Angiolini ritratto di naturale, una terribilità tanto grande, che e’ pare che la sola parola manchi a questa figura. E chi non conobbe San Paulo, guardando questo, vedrà quel dabbene della civiltà romana, insieme con la invitta fortezza di quell’animo divinissimo tutto intento alle cure della fede. Mostrò ancora in questa pittura medesima l’intelligenza di scortare le vedute di sotto in su, che fu veramente maravigliosa, come apparisce ancor oggi ne’ piedi stessi di detto Apostolo, per una difficultà facilitata in tutto da lui, rispetto a quella goffa maniera vecchia che faceva (come io dissi poco di sopra) tutte le figure in punta di piedi; la qual maniera durò fino a lui senza che altri la correggesse, et egli solo e prima di ogni altro la ridusse al buono del dì d’oggi. Accadde mentre che e’ lavorava in questa opera, che e’ fu consagrata la detta chiesa del Carmine, e Masaccio in memoria di ciò, di verde dipinse, di chiaro e scuro, sopra la porta che va in convento, dentro nel chiostro, tutta la sagra come ella fu. E vi ritrasse infinito numero di cittadini in mantello et in cappuccio, che vanno dietro a la processione; fra i quali fece Filippo di Ser Brunellesco in zoccoli, Donatello, Masolino da Panicale, stato suo maestro, Antonio Brancacci, che gli fece far la cappella, Niccolò da Uzzano, Giovanni di Bicci de’ Medici, Bartolomeo Valori, i quali sono