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LUCA DELLA ROBBIA 263

modi cantano; e vi mise tanto studio e così bene gli riuscì quel lavoro, che, ancora che sia alto da terra sedici braccia, si scorge il gonfiare delle gole di chi canta, il battere delle mani da chi regge la musica in sulle spalle de’ minori, et insomma diverse maniere di suoni, canti, balli et altre azzioni piacevoli che porge il diletto della musica. Sopra il cornicione poi di questo ornamento, fece Luca due figure di metallo dorate, cioè due Angeli nudi, condotti molto pulitamente, sì come è tutta l’opera, che fu tenuta cosa rara; se bene Donatello, che poi fece l’ornamento dell’altro organo che è dirimpetto a questo, fece il suo con molto più giudizio e pratica che non aveva fatto Luca, come si dirà al luogo suo, per avere egli quell’opera condotta quasi tutta in bozze e non finita pulitamente, acciò che apparisse di lontano assai meglio, come fa, che quella di Luca, la quale, se bene è fatta con buon disegno e diligenza, ella fa nondimeno con la sua pulitezza e finimento, che l’occhio per la lontananza la perde e non la scorge bene come si fa quella di Donato, quasi solamente abbozzata. Alla quale cosa deono molto avere avvertenza gl’artefici perciò che la sperienza fa conoscere che tutte le cose che vanno lontane, o siano pitture o siano sculture o qualsivoglia altra somigliante cosa, hanno più fierezza e maggior forza se sono una bella bozza che se sono finite; et oltre che la lontananza fa questo effetto, pare anco che nelle bozze molte volte, nascendo in un subito dal furore dell’arte, si sprima il suo concetto in pochi colpi, e che per contrario lo stento e la troppa diligenza alcuna fiata toglia la forza et il sapere a coloro che non sanno mai levare le mani dall’opera che fanno. E chi sa che l’arti del disegno, per non dir la pittura solamente, sono alla poesia simili, sa ancora che come le poesie dettate dal furore poetico sono le vere e le buone e migliori che le stentate, così l’opere degli uomini eccellenti nell’arti del disegno sono migliori quando sono fatte a un tratto dalla forza di quel furore, che quando si vanno ghiribizzando a poco a poco con istento e con fatica; e chi ha da principio, come si dee avere, nella idea quello che vuol fare, camina sempre risoluto alla perfezzione con molta agevolezza. Tuttavia, perchè gl’ingegni non sono tutti d’una stampa, sono alcuni ancora, ma rari, che non fanno bene se non adagio, e per tacere de’ pittori, fra i poeti si dice che il reverendissimo e dottissimo Bembo penò tallora a fare un sonetto molti mesi e forse anni, se a coloro si può creder che l’affermano; il che non è gran fatto che avvenga alcuna volta ad alcuni uomini delle nostre arti; ma per lo più è la regola in contrario, come si è detto di sopra; come che il volgo migliore giudichi una certa delicatezza esteriore et apparente, che poi manca nelle cose essenziali, ricoperte dalla diligenza che il buono fatto con ragione e giudizio, ma non così di fuori ripulito e lisciato. Ma per tornare a Luca, finita la detta opera che piacque molto, gli fu allogata la porta di bronzo della detta sagrestia, nella quale scompartì in dieci quadri, cioè in cinque per parte, con fare in ogni quadratura delle cantonate, nell’ornamento, una testa d’uomo; et in ciascuna testa variò, facendovi giovani, vecchi, di mezza età, e chi con la barba e chi raso, et insomma in diversi modi tutti belli in quel genere, onde il telaio di quell’opera ne restò ornatissimo. Nelle storie poi de’ quadri fece, per cominciarmi di sopra, la Madonna col Figliuolo in braccio con bellissima grazia, e nell’altro Iesù Cristo che esce