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234 PRIMA PARTE

(versione diplomatica)


(versione critica)


una Nostra Donna e certi Santi che furono ragionevoli. Nè molto dopo, essendo ser Michele di Fruosino spedalingo di Santa Maria Nuova di Firenze, il quale spedale ebbe principio da Folco Portinari cittadino fiorentino, egli deliberò, sì come erano cresciute le facultà dello spedale, che così fusse accresciuta la sua chiesa dedicata a Santo Egidio, che allora era fuor di Firenze e piccola affatto. Onde, presone consiglio da Lorenzo di Bicci suo amicissimo, cominciò a’ dì cinque di settembre, l’anno 1418, la nuova chiesa, la quale fu in un anno finita nel modo ch’ella sta oggi, e poi consegrata solennemente da papa Martino Quinto a richiesta di detto ser Michele, che fu ottavo spedalingo, e degl’uomini della famiglia de’ Portinari. La quale sagrazione dipinse poi Lorenzo, come volle ser Michele, nella facciata di quella chiesa, ritraendovi di naturale quel papa et alcuni cardinali; la quale opera, come cosa nuova e bella, fu allora molto lodata; onde meritò d’essere il primo che dipignesse nella principale chiesa della sua città, cioè in Santa Maria del Fiore, dove sotto le finestre di ciascuna capella dipinse quel Santo al quale ell’è intitolata, e nei pilastri poi e per la chiesa i dodici Apostoli con le croci della consegrazione, essendo quel tempio stato solennissimamente quello stesso anno consegrato da papa Eugenio Quarto viniziano. Nella medesima chiesa gli fecero dipignere gl’Operai, per ordine del publico, nel muro a fresco, un deposito finto di marmo, per memoria del cardinale de’ Corsini che ivi è sopra la cassa ritratto di naturale; e sopra quello un altro simile, per memoria di maestro Luigi Marsili famosissimo teologo, il quale andò ambasciadore con Messer Luigi Guicciardini e Messer Guccio di Gino, onoratissimi cavalieri, al duca d’Angiò. Fu poi Lorenzo condotto in Arezzo da don Laurentino abbate di San Bernardo, monasterio dell’Ordine di Monte Oliveto, dove dipinse, per Messer Carlo Marsupini, a fresco, istorie della vita di San Bernardo nella capella maggiore; ma volendo poi dipignere nel chiostro del convento la vita di San Benedetto, poi dico che egli avesse per Francesco Vecchio de’ Bacci dipinta la maggior capella della chiesa di San Francesco, dove fece solo la volta e mezzo l’arco, s’amalò di mal di petto; per che, facendosi portare a Firenze, lasciò che Marco da Monte Pulciano suo discepolo, col disegno che aveva egli fatto e lasciato a don Laurentino, facesse nel detto chiostro le storie della vita di San Benedetto; il che fece Marco, come seppe il meglio, e diede finita l’anno 1448 a’ dì 24 d’aprile tutta l’opera di chiaro scuro, come si vede esservi scritto di sua mano, con versi e parole che non sono men goffi che siano le pitture. Tornato Lorenzo alla patria, risanato che fu, nella medesima facciata del convento di S. Croce, dove aveva fatto il S. Cristofano, dipinse l’assunzione di Nostra Donna in cielo, circundata da un coro d’Angeli, et a basso un S. Tommaso che riceve la cintola; nel far la quale opera, per esser Lorenzo malaticcio, si fece aiutare a Donatello allora giovanetto; onde con sì fatto aiuto fu finita di sorte l’anno 1450, che io credo ch’ella sia la miglior opera, e per disegno e per colorito, che mai facesse Lorenzo; il quale non molto dopo, essendo vecchio et affaticato, si morì d’età di sessanta anni in circa, lasciando due figliuoli che attesero alla pittura, l’uno de’ quali, che ebbe nome Bicci, gli diede aiuto in fare molti lavori e l’altro, che fu chiamato Neri, ritrasse suo padre e se stesso nella capella de’ Lenzi in Ogni Santi, in due tondi con