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232 PRIMA PARTE

(versione diplomatica)


(versione critica)


i buoni costumi, e da Spinello pittore apparato l’arte della pittura, ebbe sempre nome non solo di eccellente pittore, ma di cortesissimo et onorato valente uomo. Avendo dunque Lorenzo così giovinetto fatto alcune opere a fresco in Firenze e fuora per adestrarsi, Giovanni di Bicci de’ Medici, veduta la buona maniera sua, gli fece dipigner nella sala della casa vecchia de’ Medici, che poi restò a Lorenzo fratel carnale di Cosimo Vecchio, murato che fu il palazzo grande, tutti quegli uomini famosi che ancor oggi assai ben conservati vi si veggiono; la quale opera finita, perchè Lorenzo di Bicci disiderava, come ancor fanno i medici che si esperimentano nell’arte loro sopra la pelle de’ poveri uomini di contado, esercitarsi ne’ suoi studi della pittura dove le cose non sono così minutamente considerate, per qualche tempo accettò l’opere che gli vennono per le mani; onde fuor della porta a S. Friano dipinse al ponte a Scandicci un tabernacolo nella maniera che ancor oggi si vede, et a Cerbaia sotto un portico, dipinse in una facciata, in compagnia d’una Nostra Donna, molti Santi assai acconciamente. Essendogli poi dalla famiglia de’ Martini fatta allogazione d’una capella in S. Marco di Firenze, fece nelle facciate a fresco molte storie della Madonna, e nella tavola essa Vergine in mezzo a molti Santi; e nella medesima chiesa, sopra la capella di S. Giovanni Evangelista della famiglia de’ Landi, dipinse a fresco un Agnolo Raffaello e Tobia; e poi, l’anno 1418, per Ricciardo di Messer Niccolò Spinelli, fece nella facciata del convento di S. Croce in sulla piazza in una storia grande a fresco, un S. Tommaso che cerca la piaga a Gesù Cristo, et appresso et intorno a lui tutti gli altri Apostoli, che reverenti et ingenocchioni stanno a veder cotal caso. Et appresso alla detta storia fece similmente a fresco un S. Cristofano alto braccia dodici e mezzo che è cosa rara; perchè insino allora, eccetto il S. Cristofano di Buffalmacco, non era stata veduta la maggior figura, nè per cosa grande, se bene non è di buona maniera, la più ragionevole e più proporzionata immagine di quella in tutte le sue parti; senzachè l’una e l’altra di queste pitture furono lavorate con tanta pratica che, ancora che siano state all’aria molti anni e percosse dalle pioggie e dalla tempesta per esser volte a tramontana, non hanno mai perduta la vivezza de’ colori, nè sono rimase in alcuna parte offese. Fece ancora dentro la porta che è in mezzo a queste figure, chiamata la porta del Martello, il medesimo Lorenzo, a richiesta del detto Ricciardo e del guardiano del convento, un Crucifisso con molte figure; e nelle facciate intorno la confermazione della Regola di S. Francesco fatta da Papa Onorio, et appresso il martirio d’alcuni frati di quell’Ordine che andarono a predicare la fede fra i Saracini; negl’archi e nelle volte fece alcuni re di Francia, frati e divoti di S. Francesco e gli ritrasse di naturale, e così molti uomini dotti di quell’Ordine e segnalati per dignità, cioè vescovi, cardinali e papi: infra i quali sono ritratti di naturale in due tondi delle volte papa Nicola Quarto et Alessandro Quinto; alle quali tutte figure, ancor che facesse Lorenzo gl’abiti bigi, gli variò nondimeno, per la buona pratica che egli aveva nel lavorare, di maniera che tutti sono fra loro differenti; alcuni pendono in rossigno, altri in azzurriccio, altri sono scuri et altri più chiari, et insomma sono tutti varii e degni di considerazione; e, quello che è più, si dice che fece questa opera con tanta facilità e prestezza, che facendolo una volta chiamare il guardiano che gli faceva le spese a desinare, quando a punto aveva fatto