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TADDEO BARTOLO 229

(versione diplomatica)


(versione critica)


del Testamento Vecchio. Nella quale opera, che in vero non fu molto buona, si legge ancor nel mezzo questo epitaffio: "Anno Domini 1356 Bartolus Magistri Fredi de Senis me pinxit". Nel qual tempo bisogna che Bartolo fusse giovane, perchè si vede in una tavola fatta pur da lui l’anno 1388 in Santo Agostino della medesima terra entrando in chiesa per la porta principale, a man manca, dove è la Circoncisione di Nostro Signore con certi Santi, che egli ebbe molto miglior maniera così nel disegno come nel colorito, perciò che vi sono alcune teste assai belle, se bene i piedi di quelle figure sono della maniera antica, et insomma si veggiono molte altre opere di mano di Bartolo per que’ paesi. Ma per tornare a Taddeo, essendogli data a fare nella sua patria, come si è detto, la capella del palazzo della Signoria, come al miglior maestro di que’ tempi, ella fu da lui con tanta diligenza lavorata e rispetto al luogo tanto onorata e per sì fatta maniera dalla Signoria guiderdonata, che Taddeo n’acrebbe di molto la gloria e la fama sua; onde non solamente fece poi, con suo molto onore et utile grandissimo, molte tavole nella sua patria, ma fu chiamato con gran favore e dimandato alla Signoria di Siena da Francesco da Carrara signor di Padoa, perchè andasse, come fece, a fare alcune cose in quella nobilissima città, dove, nella Rena particolarmente e nel Santo, lavorò alcune tavole et altre cose con molta diligenza e con suo molto onore e sodisfazione di quel signore e di tutta la città. Tornato poi in Toscana, lavorò in S. Gimignano una tavola a tempera che tiene della maniera d’Ugolino Sanese, la qual tavola è oggi dietro all’altar maggiore della Pieve e guarda il coro de’ preti. Dopo, andato a Siena, non vi dimorò molto che da uno de’ Lanfranchi, Operaio del duomo, fu chiamato a Pisa, dove trasferitosi, fece nella capella della Nunziata a fresco quando la Madonna saglie i gradi del tempio, dove in capo il sacerdote l’aspetta in pontificale, molto pulitamente: nel volto del quale sacerdote ritrasse il detto operaio, et appresso a quello se stesso. Finito questo lavoro, il medesimo Operaio gli fece dipignere in Campo Santo, sopra la capella, una Nostra Donna incoronata da Gesù Cristo, con molti Angeli, in attitudini bellissime e molto ben coloriti. Fece similmente Taddeo, per la capella della sagrestia di S. Francesco di Pisa, in una tavola dipinta a tempera, una Nostra Donna et alcuni Santi, mettendovi il nome suo e l’anno ch’ella fu dipinta, che fu l’anno 1394. Et intorno a questi medesimi tempi, lavorò in Volterra certe tavole a tempera, et in Monte Uliveto una tavola, e nel muro un Inferno a fresco, nel quale seguì l’invenzione di Dante, quanto attiene alla divisione de’ peccati e forma delle pene: ma nel sito o non seppe, o non potette, o non volle imitarlo. Mandò ancora in Arezzo una tavola che è in S. Agostino, dove ritrasse papa Gregorio Undecimo, cioè quello che dopo essere stata la corte tante decine d’anni in Francia, la ritornò in Italia. Dopo queste opere, ritornatosene a Siena, non vi fece molto lunga stanza, perchè fu chiamato a lavorare a Perugia nella chiesa di S. Domenico, dove nella capella di S. Caterina dipinse a fresco tutta la vita di essa Santa, et in S. Francesco, a canto alla porta della sagrestia, alcune figure le quali, ancor che oggi poco si discernino, sono conosciute per di mano di Taddeo, avendo egli tenuto sempre una maniera medesima. Seguendo poco poi la morte di Biroldo signor di Perugia che fu amazzato l’anno 1398, si ritornò Taddeo