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SPINELLO ARETINO 213

(versione diplomatica)


(versione critica)


via della Scala et in quella dato sepoltura a un suo fratello vescovo, fece dipignere tutta quella chiesa a fresco di storie di S. Niccolò vescovo di Bari a Spinello, che la diede finita del tutto l’anno 1334, essendovi stato a lavorare due anni continui. Nella quale opera si portò Spinello tanto bene, così nel colorirla come nel disegnarla, che insino ai dì nostri si erano benissimo mantenuti i colori et espressa la bontà delle figure, quando, pochi anni sono, furono in gran parte guasti da un fuoco, che disavedutamente s’apprese in quella chiesa, stata piena poco accortamente di paglia da non discreti uomini, che se ne servivano per capanna o monizione di paglia. Dalla fama di quest’opera tirato Messer Barone Capelli cittadino di Firenze, fece dipignere da Spinello nella capella principale di S. Maria Maggiore molte storie della Madonna a fresco et alcune di S. Antonio abate, et appresso la sagrazione di quella chiesa antichissima, consegrata da Pasquale papa (II) di quel nome; il che tutto lavorò Spinello così bene, che pare fatto tutto in un giorno e non in molti mesi come fu. Appresso al detto Papa è il ritratto d’esso Messer Barone di naturale in abito di que’ tempi, molto ben fatto e con bonissimo giudizio. Finita questa capella lavorò Spinello nella chiesa del Carmine in fresco la capella di S. Iacopo e S. Giovanni Apostoli, dove fra l’altre cose è fatta con molta diligenza, quando la moglie di Zebedeo, madre di Iacopo, domanda a Gesù Cristo che faccia sedere uno de’ figliuoli suoi alla destra del Padre nel regno de’ cieli e l’altro alla sinistra: e poco più oltre si vede Zebedeo, Iacopo e Giovanni abandonare le reti e seguitar Cristo con prontezza e maniera mirabile. In un’altra capella della medesima chiesa, che è a canto alla maggiore, fece Spinello pur a fresco alcune storie della Madonna e gl’Apostoli quando inanzi al trapassar di lei le appariscono innanzi miracolosamente, e così quando ella muore e poi è portata in cielo dagl’Angeli. E perchè, essendo la storia grande, la picciolezza della capella non lunga più che braccia dieci et alta cinque, non capiva il tutto, e massimamente l’Assonzione d’essa Nostra Donna, con bel giudizio fece Spinello voltarla nel lungo della storia da una parte, dove Cristo e gl’Angeli la ricevono. In una capella in S. Trinita fece una Nunziata in fresco molto bella, e nella chiesa di S. Apostolo nella tavola dell’altar maggiore a tempera fece lo Spirito Santo, quando è mandato sopra gl’Apostoli in lingue di fuoco. In S. Lucia de’ Bardi fece similmente una tavoletta, et in S. Croce un’altra maggiore, nella capella di S. Giovanni Battista che fu dipinta da Giotto. Dopo queste cose, essendo dai sessanta cittadini che governavano Arezzo, per lo gran nome che aveva acquistato lavorando in Fiorenza, là richiamato, gli fu fatto dipignere dal Comune nella chiesa del Duomo vecchio fuor della città la storia de’ Magi e nella capella di S. Gismondo un San Donato che con la benedizione fa crepare un serpente. Parimente in molti pilastri di quel Duomo fece diverse figure, et in una facciata la Madalena che in casa di Simone unge i piedi a Cristo, con altre pitture, delle quali non accade far menzione, essendo oggi quel tempio che era pieno di sepolture, d’ossa di Santi e d’altre cose memorabili, del tutto rovinato. Dirò bene, acciò che d’esso almeno resti questa memoria, che essendo egli stato edificato dagl’Aretini più di mille e trecento anni sono, allora che di prima vennero alla fede di Gesù Cristo, convertiti