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AGNOLO GADDI 199

(versione diplomatica)


(versione critica)


El quale Giotto rimutò l’arte del dipignere di greco in latino e ridusse al moderno, e l’ebbe certo più compiuta che avesse mai nessuno". Queste sono le proprie parole di Cennino, al quale parve, sì come fanno grandissimo benefizio quelli che di greco traducono in latino alcuna cosa a coloro che il greco non intendono, che così facesse Giotto in riducendo l’arte della pittura d’una maniera non intesa nè conosciuta da nessuno (se non se forse per goffissima) a bella, facile e piacevolissima maniera intesa e conosciuta per buona da chi ha giudizio e punto del ragionevole. I quali tutti discepoli d’Agnolo gli fecero onore grandissimo, et egli fu dai figliuoli suoi, ai quali si dice lasciò il valere di cinquantamila fiorini o più, sepellito in Santa Maria Novella, nella sepoltura che egli medesimo aveva fatto per sè e per i descendenti, l’anno di nostra salute MCCCLXXXVII. Il ritratto d’Agnolo fatto da lui medesimo si vede nella capella degli Alberti in Santa Croce, nella storia dove Eraclio imperatore porta la croce, allato a una porta, dipinto in proffilo con un poco di barbetta e con un cappuccio rosato in capo secondo l’uso di que’ tempi. Non fu eccellente nel disegno per quello che mostrano alcune carte che di sua mano sono nel nostro libro.

IL FINE DELLA VITA D’AGNOLO GADDI