Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/273


TADDEO GADDI 177

(versione diplomatica)


(versione critica)


Donna con molti santi lavorati vivamente. Parimente, nella predella di detta tavola fece con figure piccole alcune altre storie di Nostra Donna, delle quali non accade far particolar menzione, poichè l’anno 1467 fu rovinato ogni cosa, quando Lodovico Marchese di Mantova fece in quel luogo la tribuna che v’è oggi, col disegno di Leon Battista Alberti, et il coro de’ frati, facendo portar la tavola nel capitolo di quel convento, nel refettorio del quale fece da sommo, sopra le spalliere di legname, l’ultima Cena di Gesù Cristo con gl’Apostoli, e sopra quella un Crucifisso con molti santi. Avendo posto a quest’opere Taddeo Gaddi l’ultimo fine, fu condotto a Pisa dove in San Francesco, per Gherardo e Buonacorso Gambacorti, fece la capella maggiore in fresco molto ben colorita, con molte figure e storie di quel Santo e di S. Andrea e S. Nicolò. Nella volta poi e nella facciata è Papa Onorio che conferma la Regola, dove è ritratto Taddeo di naturale in proffilo con un capuccio avolto sopra il capo, et a’ piedi di quella storia sono scritte queste parole: "Magister Taddeus Gaddus de Florentia pinxit hanc historiam Sancti Francisci et Sancti Andreae et Sancti Nicolai anno Domini MCCCXLII de mense Augusti". Fece ancora nel chiostro pure di quel convento in fresco una Nostra Donna col suo Figliuolo in collo molto ben colorita; e nel mezzo della chiesa, quando s’entra a man manca, un San Lodovico vescovo a sedere al quale S. Gherardo da Villamagna, stato frate di quell’ordine, raccomanda un fra’ Bartolomeo allora Guardiano di detto convento. Nelle figure della quale opera, perchè furono ritratte dal naturale, si vede vivezza e grazia infinita, in quella maniera semplice, che fu in alcune cose meglio che quella di Giotto, e massimamente nell’esprimere il raccomandarsi, l’allegrezza, il dolore et altri somiglianti affetti che bene espressi fanno sempre onore grandissimo al pittore. Tornato poi a Fiorenza, Taddeo seguitò per lo comune l’opera d’Or San Michele, e rifondò i pilastri delle loggie, murandogli di pietre conce e ben foggiate, là dove erano prima state fatte di mattoni, senza alterar però il disegno che lasciò Arnolfo, con ordine che sopra la loggia si facesse un palazzo con due volte, per conserva delle provisioni del grano che faceva il popolo e Comune di Firenze: la quale opera, perchè si finisse, l’Arte di porta Santa Maria, a cui era stato dato cura della fabrica, ordinò che si pagasse la gabella della piazza e mercato del grano, et alcune altre gravezze di piccolissima importanza. Ma, il che importò molto più, fu bene ordinato con ottimo consiglio, che ciascuna dell’Arti di Firenze facesse da per sè un pilastro et in quello il Santo avvocato dell’Arte in una nicchia, e che ogni anno per la festa di quello, i Consoli di quell’Arte andassino a offerta e vi tenessino tutto quel dì lo stendardo con la loro insegna, ma che l’offerta nondimeno fusse della Madonna per sovvenimento de’ poveri bisognosi. E perchè l’anno 1333 per lo gran diluvio l’acque avevano divorato le sponde del ponte Rubaconte, messo in terra il castello Altafronte, e del ponte Vecchio non lasciato altro che le due pile del mezzo et il ponte a Santa Trinita rovinato del tutto eccetto una pila che rimase tutta fracassata, e mezzo il ponte alla Carraia, rompendo la pescaia d’Ogni Santi, deliberarono quei che allora la città reggevano, non voler che più quegli d’oltr’Arno avessero la tornata alle case loro con tanto scomodo, quanto quello era d’aver a passar per barche; per che, chiamato Taddeo Gaddi per essere