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172 PRIMA PARTE

(versione diplomatica)


(versione critica)


la fabbrica dopo lui, de’ quali modelli, per poca cura degl’Operai di S. Maria del Fiore, come in un altro luogo s’è detto, non ci sarebbe memoria alcuna se Simone non l’avesse lasciata dipinta in quest’opera. Nella terza facciata, che è quella dell’altar, fece la Passione di Cristo, il quale, uscendo di Gerusalem con la croce su la spalla, se ne va al monte Calvario seguitato da un popolo grandissimo; dove giunto, si vede esser levato in croce nel mezzo de’ ladroni, con l’altre appartenenze che cotale storia accompagnano. Tacerò l’esservi buon numero di cavalli, il gettarsi la sorte dai famigli della corte sopra la veste di Cristo, lo spogliare il limbo de’ Santi padri e tutte l’altre considerate invenzioni che sono non da maestro di quell’età ma da moderno eccellentissimo. Conciò sia che, pigliando le facciate intere, con diligentissima osservazione fa in ciascuna diverse storie su per un monte, e non divide con ornamenti tra storia e storia, come usarono di fare i vecchi e molti moderni, che fanno la terra sopra l’aria quattro o cinque volte, come è la capella maggiore di questa medesima chiesa et il Camposanto di Pisa; dove, dipignendo molte cose a fresco, gli fu forza far contra sua voglia cotali divisioni, avendo gl’altri pittori che avevano in quel luogo lavorato, come Giotto e Buonamico suo maestro, cominciato a fare le storie loro con questo malo ordine. Seguitando dunque in quel Camposanto per meno error il modo tenuto dagli altri, fece Simone sopra la porta principale, di dentro, una Nostra Donna in fresco, portata in cielo da un coro d’Angeli che cantano e suonano tanto vivamente, che in loro si conoscono tutti que’ varii effetti che i musici cantando o sonando fare sogliono; come è porgere l’orecchio al suono, aprir la bocca in diversi modi, alzar gl’occhi al cielo, gonfiar le guance, ingrossar la gola, et insomma tutti gl’altri atti e movimenti che si fanno nella musica. Sotto questa Assunta in tre quadri fece alcune storie della vita di S. Ranieri pisano; nella prima, quando giovanetto, sonando il salterio, fa ballar alcune fanciulle, bellissime per l’arie de’ volti e per l’ornamento degl’abiti et acconciature di que’ tempi; vedesi poi lo stesso Ranieri, essendo stato ripreso di cotale lascivia dal beato Alberto Romito, starsi col volto chino e lagrimoso e con gl’occhi fatti rossi dal pianto, tutto pentito del suo peccato, mentre Dio in aria, circondato da un celeste lume, fa sembiante di perdonargli. Nel secondo quadro è quando Ranieri, dispensando le sue facultà ai poveri di Dio, per poi montar in barca, ha intorno una turba di poveri, di storpiati, di donne e di putti, molto affettuosi nel farsi innanzi, nel chiedere e nel ringraziarlo; e nello stesso quadro è ancora, quando questo Santo, ricevuta nel tempio la schiavina da pellegrino, sta dinanzi a Nostra Donna, che circondata da molti Angeli, gli mostra che si riposerà nel suo grembo in Pisa, le quali tutte figure hanno vivezza e bell’aria nelle teste. Nella terza è dipinto da Simone quando, tornato dopo sette anni d’oltra mare, mostra aver fatto tre quarantane in Terra Santa, e che standosi in coro a udir i divini uffizii dove molti putti cantano, è tentato dal demonio, il quale si vede scacciato da un fermo proponimento che si scorge in Ranieri di non voler offender Dio, aiutato da una figura, fatta da Simone per la Constanza, che fa partir l’antico Avversario, non solo tutto confuso, ma con bella invenzione e capricciosa, tutto pauroso, tenendosi nel fuggire le mani al capo e caminando con la fronte bassa e stretto nelle spalle a più potere e dicendo, come se