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PIETRO CAVALLINI 167

(versione diplomatica)


(versione critica)


VITA DI PIETRO CAVALLINI ROMANO PITTORE

Essendo già stata Roma molti secoli priva non solamente delle buone lettere e della gloria dell’armi, ma eziandio di tutte le scienze e bone arti, come Dio volle, nacque in essa Pietro Cavallini in que’ tempi che Giotto, avendo si può dire tornato in vita la pittura, teneva fra i pittori in Italia il principato. Costui, dunque, essendo stato discepolo di Giotto, et avendo con esso lui lavorato nella nave di musaico in S. Piero fu il primo che dopo lui illuminasse quest’arte, e che cominciasse a mostrar di non essere stato indegno discepolo di tanto maestro, quando dipinse in Araceli sopra la porta della sagrestia alcune storie che oggi sono consumate dal tempo, e in S. Maria di Trastevere moltissime cose colorite per tutta la chiesa in fresco. Dopo, lavorando alla capella maggiore di musaico e nella facciata dinanzi alla chiesa, mostrò nel principio di cotale lavoro, senza l’aiuto di Giotto saper non meno esercitare e condurre a fine il musaico, che avesse fatto la pittura: facendo ancora nella chiesa di S. Grisogono molte storie a fresco, s’ingegnò farsi conoscer similmente per ottimo discepolo di Giotto e per buono artefice. Parimente pure in Trastevere dipinse in S. Cecilia quasi tutta la chiesa di sua mano, e nella chiesa di S. Francesco appresso Ripa molte cose. In S. Paulo poi for di Roma fece la facciata che v’è di musaico, e per la nave del mezzo molte storie del Testamento Vecchio. E lavorando nel capitolo del primo chiostro a fresco alcune cose, vi mise tanta diligenza, che ne riportò dagl’uomini di giudizio nome d’eccellentissimo maestro, e fu perciò dai prelati tanto favorito, che gli fecero dar a fare la facciata di S. Piero di dentro fra le finestre, tra le quali fece di grandezza straordinaria, rispetto alle figure che in quel tempo s’usavano, i quattro Evangelisti lavorati a bonissimo fresco, e un S. Piero e un S. Paulo, e in una nave buon numero di figure, nelle quali per molto piacergli la maniera greca, la mescolò sempre con quella di Giotto; e per dilettarsi di dare rilievo alle figure, si conosce che usò in ciò tutto quello sforzo, che maggiore può immaginarsi da uomo. Ma la migliore opera che in quella città facesse fu nella detta chiesa d’Araceli sul Campidoglio, dove dipinse in fresco nella volta della tribuna maggiore la Nostra Donna col Figliuolo in braccio circondata da un cerchio di sole, e a basso Ottaviano imperador, al quale la sibilla Tiburtina mostrando Gesù Cristo, egli l’adora; le quali figure in quest’opera, come si è detto in altri luoghi, si sono conservate molto meglio che l’altre, perchè quelle che sono nelle volte, sono meno offese dalla polvere, che quelle che nelle facciate si fanno. Venne dopo quest’opere Pietro in Toscana per veder l’opere degl’altri discepoli del suo maestro Giotto e di lui stesso; e con questa occasione dipinse in S. Marco di Firenze molte figure che oggi non si veggiono, essendo stata imbiancata la chiesa, eccetto la Nonziata che sta coperta accanto alla porta principale della chiesa. In S. Basilio ancora, al canto alla Macine, fece in un muro un’altra Nunziata a fresco tanto simile a quella che prima aveva fatto in S. Marco e a qualcun altra che è in Firenze, che alcuni credono, e non senza qualche verisimile, che tutte siano