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130 PRIMA PARTE

(versione diplomatica)


(versione critica)


ab amico meo Michaele Vannis de Florentia missa est, in cuius pulchritudinem ignorantes non intelligunt, magistri autem artis stupent: hanc iconam ipsi domino lego, ut ipsa Virgo benedicta sibi sit propitia apud filium suum Jesum Christum etc.". Et il medesimo Petrarca, in una sua epistola latina nel quinto libro delle Familiari, dice queste parole: "Atque (ut a veteribus ad nova, ab externis ad nostra transgrediar), duos ego novi pictores egregios, nec formosos, Iottum Florentinum civem, cuius inter modernos fama ingens est, et Simonem Senensem. Novi sculptores aliquot etc.". Fu sotterrato in S. Maria del Fiore dalla banda sinistra entrando in chiesa, dove è un matton di marmo bianco per memoria di tanto uomo. E come si disse nella vita di Cimabue, un comentator di Dante, che fu nel tempo che Giotto viveva, disse: "Fu et è Giotto tra i pittori il più sommo della medesima città di Firenze, e le sue opere il testimoniano a Roma, a Napoli, a Vignone, a Fiorenza, Padoa, e in molte altre parti del mondo". I discepoli suoi furono Taddeo Gaddi, stato tenuto da lui a battesimo, come s’è detto, e Puccio Capanna fiorentino, che in Rimini nella chiesa di S. Cataldo de’ frati Predicatori dipinse perfettamente in fresco un voto d’una nave che pare che affoghi nel mare, con uomini che gettano robbe nell’acqua, de’ quali è uno esso Puccio, ritratto di naturale, fra un buon numero di marinari. Dipinse il medesimo in Ascesi nella chiesa di S. Francesco molte opere dopo la morte di Giotto, et in Fiorenza nella chiesa di S. Trinita, fece allato alla porta del fianco verso il fiume la cappella degli Strozzi, dove è in fresco la coronazione della Madonna con un coro d’Angeli, che tirano assai alla maniera di Giotto; e dalle bande sono storie di S. Lucia molto ben lavorate. Nella Badia di Firenze dipinse la cappella di S. Giovanni Evangelista della famiglia de’ Covoni allato alla sagrestia. Et in Pistoia fece a fresco la cappella maggiore della chiesa di S. Francesco, e la cappella di S. Lodovico, con le storie loro, che sono ragionevoli. Nel mezzo della chiesa di S. Domenico della medesima città è un Crucifisso, una Madonna, et un S. Giovanni con molta dolcezza lavorati, e ai piedi un’ossatura di morto intera, nella quale, che fu cosa inusitata in que’ tempi, mostrò Puccio aver tentato di vedere i fondamenti dell’arte; in questa opera si legge il suo nome fatto da lui stesso in questo modo: PUCCIO DI FIORENZA ME FECE; e di sua mano ancora in detta chiesa sopra la porta di S. Maria Nuova nell’arco, tre mezze figure, la Nostra Donna col Figliuolo in braccio e S. Piero da una banda e dall’altra S. Francesco. Dipinse ancora nella già detta città d’Ascesi, nella chiesa di sotto S. Francesco, alcune storie della Passione di Gesù Cristo in fresco con buona pratica e molto risoluta, e nella cappella della chiesa di S. Maria degl’Angeli, lavorata a fresco, un Cristo in gloria con la Vergine che lo priega pel popolo cristiano, la quale opera, che è assai buona, è tutta affumicata dalle lampane e dalla cera che in gran copia vi si arde continuamente. E di vero, per quello che si può giudicare, avendo Puccio la maniera e tutto il modo di fare di Giotto suo maestro, egli se ne seppe servire assai nell’opere che fece, ancor che, come vogliono alcuni, egli non vivesse molto, essendosi infermato e morto per troppo lavorare in fresco. È di sua mano,