Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/135


SCULTURA 39

no venti, che sfiatano all’insu, et si mettono verbigratia, da un ginocchio, a un braccio, che alzi; perche questi danno la via al metallo di soccorrore quello, che per qualche impedimento non venisse, et se ne fanno pochi, et assai secondo, che è difficile il getto. Cio fatto si va dando il fuoco a tale cappa ugualmente per tutto, tal che ella venga unita, et a poco a poco a riscaldarsi; rinforzando il fuoco sino a tanto, che la forma si infuochi tutta di maniera, che la cera che è nel cavo di dentro, venga a struggersi, tale che ella esca tutta per quella banda, per laquale si debbe gittare il metallo; senza che ve ne rimanga dentro niente. Et a conoscere cio, bisogna quando i pezzi s’innestano su la figura pesarli pezzo per pezzo; cosi poi nel cavare la cera ripesarla; et facendo il calo di quella, vede l’artefice se n’è rimasta fra l’anima, et la cappa, et quanta n’è uscita. Et sappi, che quì consiste la maestria, et la diligenza dell’artefice a cavare tal cera; dove si mostra la difficultà di fare i getti, che venghino begli, e netti. Atteso, che rimanendoci punto di cera, ruinarebbe tutto il getto, massimamente in quelle parti dove essa rimane. Finito questo, l’artefice sotterra questa forma vicino alla fucina, dove il bronzo si fonde, et puntella si, che il bronzo non la sforzi, et li fa le vie, che possa buttarsi; et al sommo lascia una quantità di grossezza, che si possa poi segare il bronzo che avanza di questa materia; et questo si fa, perche venga piu netta. Ordina il metallo, che vuole; et per ogni libra di cera ne mette dieci di metallo. Fassi la lega del metallo statuario di due terzi rame, et un terzo ottone; secondo l’ordine Italiano. Gl’Egizij, da’ quali questa Arte hebbe origine, mettevano nel bronzo i due terzi ottone, et un terzo rame. Del metallo elletro, che è degl’altri piu fine, si mette due parti rame, et la terza argento. Nelle campane per ogni cento di rame xx. di stagno: et a l’artiglierie per ogni cento di rame, dieci di stagno, accioche il suono di quelle sia più squillante, et unito. Restaci hora ad insegnare, che venendo la figura con mancamento, perche fosse il bronzo cotto, o sottile; o mancasse in qualche parte, il modo dell’innestarvi un pezzo. Et in questo caso lievi l’artefice tutto quanto il tristo, che è in quel getto, et facciavi una buca quadra cavandola sotto squadra; dipoi le aggiusti un pezzo di metallo attuato a quel pezzo, che venga in fuora quanto gli piace Et commesso appunto in quella buca quadra col martello tanto lo percuota, che lo saldi, et con lime, et ferri faccia si, che lo pareggi, et finisca in tutto. Ora volendo l’artefice gettare di metallo le figure picciole, quelle si fanno di cera, o havendone di terra, o d’altra materia, vi fa sopra il cavo di gesso, come alle grandi, et tutto il cavo si empie di cera. Ma bisogna, che il cavo sia bagnato; perche buttandovi detta cera, ella si rappiglia per la freddezza dell’cqua, et del cavo. Dipoi, sventolando, et diguazzando il cavo, si vota la cera, che è in mezo del cavo: di maniera, che il getto resta voto nel mezo: il qual voto, o vano riempie l’artefice poi di terra, et vi mette perni di ferro. Questa terra serve poi per anima; ma bisogna lasciarla seccar bene.

Dapoi fa la cappa, come all’altre figure grandi, armandola, et mettendovi le cannelle per i venti, la cuoce di poi, et ne cava la cera; e cosi il cavo si resta netto, si che agevolmente si possono gittare. Il simile si fa de’ bassi, et de’ mezi rilievi, et d’ogni altra cosa di metallo. Finiti questi getti, l’artefice dipoi, con ferri appropriati, cioè Bulini, Ciappole, Strozzi, Ceselli, Puntelli, Scarpelli, e Lime, lieva dove bisogna; e dove bisogna spigne all’indentro, e rinetta le bave. e con


altri