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SCULTURA 35

ni addosso, che siano sottili, si piglia pannolino, che sia sottile; et se grosso, grosso; et si bagna; et bagnato, con la terra, s’interra non liquidamente, ma di un loto, che sia alquanto sodetto; et attorno alla figura si và acconciandolo, che faccia quelle pieghe, et ammaccature, che l’animo gli porge; di che secco verrà a indurarsi, et manterrà di continuo le pieghe. In questo modo si conducono a fine i modelli, et di cera, et di terra. Volendo ringrandirlo, a proporzione nel marmo; bisogna, che nella stessa pietra, onde s’ha da cavare la figura, sia fatta fare una squadra, che un dritto vada in piano a’ pie della figura, et l’altro vada in alto, et tenga sempre il fermo del piano; et cosi il dritto di sopra: et similmente un’altra squadra, o di legno, o d’altra cosa sia al modello, per via della quale si piglino le misure da quella del modello quanto sportano le gambe fora, et cosi le braccia; et si và spignendo la figura in dentro con queste misure riportandole sul marmo dal modello, di maniera, che misurando il marmo, et il modello a proporzione viene a levare della pietra con li scarpelli; et la figura a poco a poco misurata viene a uscire di quel sasso nella maniera, che si caverebbe d’una pila d’acqua pari, e diritta una figura di cera, che prima verrebbe il corpo, et la testa, et ginocchia, et apoco apoco scoprendosi, et in su tirandola, si vedrebbe poi la ritondità di quella fin passato il mezo; e in ultimo la ritondità dell’altra parte. Perche quelli, che hanno fretta a lavorare, et che bucano il sasso da principio, et levano la pietra dinanzi, et di dietro, risolutamente, non hanno poi luogo dove ritirarsi, bisognandoli; et di qui nascono molti errori, che sono nelle statue, che per la voglia, c’ha l’artefice del vedere le figure tonde fuor del sasso a un tratto, spesso si gli scuopre un’errore, che non puo rimediarvi, se non vi si mettono pezzi commessi, come habbiamo visto costumare a molti artefici moderni. Il quale rattoppamento è da ciabattini, et non da huomini eccellenti, o maestri rari; et è cosa vilissima, et brutta, et di grandissimo biasimo. Sogliono gli scultori nel fare le statue di marmo nel principio loro abozzare le figure con le subbie, che sono una specie di ferri da loro cosi nominati; iquali sono apuntati, et grossi; et andare levando, et subbiando grossamente il loro sasso, et poi con altri ferri detti calcagnuoli, c’hanno una tacca in mezo, et sono corti, andare quella ritondando per fino ch’eglino venghino a un ferro piano piu sottile del calcagnuolo, che ha due tacche, et è chiamato gradina. Col quale vanno per tutto con gentilezza gradinando la figura, con la proporzione de Muscoli, et delle pieghe; et la tratteggiano di maniera per la virtu delle tacche, o denti predetti, che la pietra mostra gratia mirabile. Questo fatto si và levando le gradinature con un ferro pulito. Et per dare perfezione alla figura, volendole aggiugnere dolcezza, morbidezza, et fine, si và con lime torte levando le gradine; il simile si fa con altre lime sottili, et scuffine diritte, limando, che resti piano; et da poi con punte di pomice si và impomiciando tutta la figura, dandole quella carnosità, che si vede nell’opere maravigliose della scultura. Adoperasi ancora il gesso di tripoli, accio che l’habbia lustro, et pulimento; similmente con paglia di grano, facendo struffoli si stropiccia, talche finite, et lustrate si rendono a gl’occhi nostri bellissime.


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